martedì 15 febbraio 2022

E' illegittima la revoca delle prestazioni assistenziali ai condannati in via definitiva che stiano scontando la pena fuori dal carcere (Corte Costituzionale, Sentenza n° 137/2021)


Al fine di comprendere meglio la decisione della Consulta di cui all'oggetto, pare opportuno ricostruire la disciplina complessivamente prevista dall’art. 2, commi da 58 a 61, della
L. n. 92/2012 (c.d. Riforma Fornero).

Il comma 58 dispone che, nel pronunciare condanna per taluni reati di particolare allarme sociale – quali i reati di associazione terroristica, attentato per finalità terroristiche o di eversione, sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione, associazione di stampo mafioso, scambio elettorale, strage e delitti commessi per agevolare le associazioni di stampo mafioso – il giudice applichi, in sentenza, la sanzione accessoria della revoca di una serie determinata di prestazioni assistenziali: indennità di disoccupazione, assegno sociale e prestazioni per gli invalidi civili.

Il comma 59 stabilisce che l’erogazione di tali provvidenze possa essere ripristinata, a domanda dell’interessato e ove ne sussistano i presupposti previsti dalla normativa di riferimento, una volta espiata la pena.

Il comma 60 impone l’obbligo di tempestiva comunicazione all’ente previdenziale competente dei provvedimenti adottati ai sensi del comma 58, ai fini della loro immediata esecuzione.

Il comma 61, infine, prevede che, entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge n. 92 del 2012, il Ministro della giustizia, d’intesa con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, trasmetta agli enti titolari dei relativi rapporti l’elenco dei soggetti già condannati con sentenza passata in giudicato per i reati di cui al comma 58, ai fini della revoca, con effetto non retroattivo, delle prestazioni previste dal medesimo comma 58, primo periodo.

Come si vede, il legislatore, prevede, nelle disposizioni su riportate, uno speciale statuto di indegnità connesso alla commissione di reati di particolare gravità, la quale dovrebbe giustificare, durante l’esecuzione della pena, il venir meno di trattamenti assistenziali che trovano il loro fondamento nel generale dovere di solidarietà dell’intera collettività nei confronti dei soggetti svantaggiati; la ratio della norma, inoltre, si rinverrebbe anche nella considerazione che ai reati ostativi alla fruizione dei benefici faccia da sfondo l’accumulazione, o comunque il possesso, di capitali illeciti, con quei benefici incompatibili.

lunedì 7 febbraio 2022

Nell'ATPO è consentito l'ampliamento della domanda giudiziaria per prestazione non richiesta nel ricorso introduttivo (Tribunale Catania, ordinanza RG 6253/2021)

Condivido una recentissima ordinanza del Tribunale di Catania, gentilmente messa a disposizione dal collega avv. Giuseppe Marzano, con cui il G.L. in fase di ATPO, ha consentito l'ampliamento della domanda giudiziaria (e, conseguentemente, anche l'incarico al CTU) per prestazione non richiesta con il ricorso introduttivo.

Il collega mi scrive che la questione nel foro etneo è molto dibattuta dal momento che molte richieste vengono rigettate sulla scorta che secondo alcuni magistrati  l'aggravamento ex art. 149 d.a. cpc vada inteso solo sotto il profilo sanitario (per una decorrenza diversa e raggiunta in corso di causa) e non come ampliamento della domanda giudiziaria.

Carmine Buonomo


giovedì 3 febbraio 2022

Il coniuge separato - per colpa o con addebito senza diritto agli alimenti - ha diritto alla pensione ai superstiti (Circolare INPS n° 19/2022)


L’articolo 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903, riconosce il diritto alla pensione ai superstiti in favore del coniuge superstite. La predetta disposizione normativa non richiede, quale requisito per ottenere la pensione di reversibilità o indiretta in favore del coniuge superstite, la vivenza a carico del dante causa al momento della morte di quest’ultimo, ma unicamente l'esistenza del rapporto coniugale con il coniuge defunto pensionato o assicurato.

Come precisato con la circolare n. 185 del 2015, anche il coniuge separato ha diritto alla pensione ai superstiti. Nel caso di addebito della separazione, lo stesso ha diritto al trattamento in argomento solo se titolare di assegno alimentare. Detta indicazione, nel recepire il contenuto della sentenza n. 450 del 1989 della Corte Costituzionale, subordina, pertanto, il riconoscimento della pensione ai superstiti in favore del coniuge separato, per colpa o con addebito della separazione con sentenza passata in giudicato, alla sussistenza del diritto agli alimenti a carico del coniuge deceduto.

In merito, è stato tuttavia riscontrato che la giurisprudenza costante della Corte di Cassazione, nel richiamare la sentenza della Corte Costituzionale n. 286 del 1987, afferma il principio secondo cui non sussiste alcuna differenza di trattamento per il coniuge separato in ragione del titolo della separazione.

Pertanto, nel caso di separazione, con o senza addebito, trova applicazione l’articolo 22 della legge n. 903 del 1965 che, con riferimento al coniuge superstite, non richiede, quale requisito per ottenere la pensione di reversibilità o indiretta, la vivenza a carico del dante causa al momento della morte di quest’ultimo, ma unicamente l'esistenza del rapporto coniugale con il coniuge defunto pensionato o assicurato.

Secondo tale consolidato orientamento, il coniuge separato con addebito e senza assegno alimentare ha, pertanto, diritto alla pensione ai superstiti in qualità di coniuge superstite (cfr. Cass. n. 2606 del 2018 e n. 7464 del 2019).

Con circolare n° 19 del 01/02/2022, su conforme parere del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, si recepisce il menzionato orientamento costante della giurisprudenza della Corte di Cassazione e si forniscono istruzioni in ordine alla gestione delle domande già presentate o respinte, nonché in merito alla ricostituzione o alla revoca delle pensioni già liquidate ad altre categorie di superstiti.

giovedì 30 dicembre 2021

Tabelle INPS prestazioni assistenziali: importi e limiti di reddito anno 2022 (Circolare INPS n° 197/2021)



Si sono concluse le operazioni di rinnovo del pagamento delle pensioni e delle prestazioni assistenziali per il 2022. 

Lo comunica l'Inps nella Circolare n. 197/2021 (in particolare si veda l'Allegato 2) in cui l'Istituto adegua, come di consueto, gli importi validi per l'anno a venire.

Aggiornati quindi i trattamenti sociali ed assistenziali erogati dall'Inps. 

L'importo dell'assegno sociale nel 2022 sale a € 467,65 , il trattamento minimo del FPLD a € 523,83. 

Aumenti anche per le prestazioni assistenziali erogate a favore degli invalidi civili (assegno mensile e pensione di inabilità civile) che risulteranno fissate nel 2022 a € 291,69 al mese, e per l'indennità di accompagnamento che aumenta da € 522,1 a € 525,17 al mese. 



mercoledì 29 dicembre 2021

Invalidi civili: l'assegno mensile è finalmente cumulabile con i redditi da lavoro (art. 12-ter L. 215/2021 - Messaggio INPS 4689/2021)

L'assegno mensile erogato nei confronti degli invalidi civili con una invalidità compresa tra il 74 ed il 99% torna cumulabile con i redditi da lavoro. 

Lo rende noto l' INPS nel Messaggio n. 4689/2021 pubblicato in seguito dell'entrata in vigore della L. 215/2021 di conversione del D.L. 146/2021.

L’ art. 12-ter inserito dalla legge n. 215/2021 ha, infatti, ridefinito il requisito della INATTIVITA' LAVORATIVA di cui all’articolo 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118 precisando che si intende soddisfatto qualora l’invalido parziale svolga un’attività lavorativa il cui reddito risulti inferiore al limite di reddito annuo (personale) per il riconoscimento dell’assegno mensile stesso. Pertanto la prestazione è cumulabile con i redditi da lavoro (dipendente o autonomo) nei limiti di 4.931€ annui (rivalutati annualmente).

Di conseguenza sono superate le istruzioni diffuse con il precedente messaggio n. 3495/2021 lo scorso 14 ottobre 2021. 
In tal sede, si ricorderà, l'INPS adeguandosi all'orientamento della giurisprudenza di legittimità aveva negato il diritto all'assegno mensile in presenza dello svolgimento di qualsiasi attività lavorativa a prescindere dal reddito percepito.

Le domande di prestazione presentate e non accolte in virtu' del precedente orientamento saranno riesaminate d’ufficio in autotutela dall'INPS sulla base dei parametri previsti dalla nuova disposizione normativa.

giovedì 23 dicembre 2021

Indebito assitenziale per motivi reddituali: sono irripetibili le somme riscosse in buona fede prima della notifica del provvedimento restitutorio INPS (Tribunale Napoli Nord, Sentenza n° 4669/2021)

In riferimento all'oggetto, ho il piacere di condividere questo interessantissimo precedente giurisprudenziale del Tribunale di Napoli Nord, gentilmente messo a disposizione dagli amici e colleghi avv.ti Alessio e Giuseppe D'Aniello.

Nel caso specifico si controverteva su un indebito assitenziale (precisamente su assegno di invalidità civile) per superamento dei limiti reddituali.

Con una dettagliatissima ricostruzione logico-giuridica il dr. Marco Cirillo del foro normanno così motiva l'irripetibilità delle somme richieste dall'INPS:

<< In materia è consolidato il principio secondo cui "in tema di indebito assistenziale, in luogo della generale ed incondizionata regola civilistica della ripetibilità, trova applicazione, in armonia con l'art. 38 Cost., quella propria di tale sottosistema, che esclude la ripetizione, quando vi sia una situazione idonea a generare affidamento del percettore e la erogazione indebita non gli sia addebitabile. Ne consegue che l'indebito assistenziale, per carenza dei requisiti reddituali, abilita alla restituzione solo a far tempo dal provvedimento di accertamento del venir meno dei presupposti, salvo che il percipiente non versi in dolo, situazione comunque non configurabile in base alla mera omissione di comunicazione di dati reddituali che l'istituto previdenziale già conosce o ha l'onere di conoscere" (cfr. Cassazione civile sez. VI, 30/06/2020, n.13223)....................... Facendo quindi applicazione dei principi vigenti in materia di indebito assistenziale è ufficiente osservare che la prestazione di cui l'INPS richiede la restituzione è stata erogata in un momento antecedente rispetto alla comunicazione di ricalcolo della prestazione e conseguente richiesta di indebito >>

Carmine Buonomo

mercoledì 22 dicembre 2021

Gli emolumenti percepiti dai funzionari onorari che esercitano una funzione pubblica hanno mera natura indennitaria e come tali non sono incompatibili con l'indennità NASPI (Tribunale Napoli Nord, Sentenza n° 4854/2021)

In riferimento all'oggetto, ho il piacere di condividere con voi questo interessantissimo precedente del Tribunale di Napoli Nord, reso in un giudizio patrocinato dal nostro sudio.

Nel caso specifico si controverteva su un indebito previdenziale su disoccupazione in quanto, ad avviso dell'INPS, gli emolumenti percepiti dalla ricorrente a titolo di "gettoni di presenza" come consigliere comunale erano equiparabili a redditi da lavoro e come tali incompatibili con la Naspi percepita nel medesimo periodo.

Il sempre impeccabile dr. Barbato, Rosario Capolongo così motiva in merito alla natura indennitaria di tali emolumenti, dichiarandoli peretanto pacificamente compatibili con la indennità Naspi e rigettando la pretesa restitutoria dell'INPS:   

<< Parte ricorrente, però, ha allegato e documentato di aver presentato per le annualità in esame le dichiarazioni dei redditi e, come emerge dall'estratto contributivo, non risulta il possesso di redditi da lavoro dipendente per tali annualità. "Parte ricorrente, infatti, allega di aver percepito l'indennità di cui all'art. 82 D.Lgs. 267/2000 in ragione dell'incarico ricoperto nell'ambito dell'ente locale di residenza. In ordine alla natura giuridica di tale indennità, secondo la Suprema Corte (Cass. 22569/2015) "La competenza per le cause aventi ad oggetto il trattamento economico spettante ai funzionari onorari che esercitano una funzione pubblica (nella specie, quella di consigliere circoscrizionale) non spetta al giudice del lavoro ma va determinata in base al valore della causa, trattandosi di rapporto non inquadrabile nella parasubordinazione, che trae la fonte della sua legittimazione dall'art. 54 Cost. e i cui compensi (nella specie, i ca. gettoni di presenza) non costituiscono una forma di retribuzione ma hanno natura indennitaria, sicché tra esercizio delle funzioni e compenso non sussiste alcun connotato di sinallagmaticità">>.

La Sentenza ovviamente viene pubblicata solo dopo la decorrenza del termine breve di 30 giorni dalla notifica al procuratore costituito (nel caso specifico alla sede legale, attesa la contumacia dell'Istituto).

Carmine Buonomo 

giovedì 16 dicembre 2021

Il modello AP70 post decreto di omologa non è trasmissibile tramite piattaforma telematica INPS (Tribunale Napoli Nord, Sentenza n. 4948/2020)


Sovente nei giudizi di condanna al pagamento post omologa, l'INPS si costituisce eccependo il
mancato invio del modelo AP70 tramite la propria piattaforma telematica.

Premesso che la normativa invocata dall'Istituto a corredo di questa eccezione è l' art. 38, co. 5, del D.L. 78/2010 che non fa altro che prevedere che gli enti previdenziali, assistenziali e assicurativi, con propri provvedimenti possano definire termini e modalita' per l'utilizzo esclusivo dei propri servizi telematici.

Quindi l'INPS in primis dovrebbe dimostrare di aver adottato un provvedimento ufficiale, conseguenziale alla suindicata normativa, che imponga appunto l'obbligo di invio dell'AP70 post omologa tramite la propria piattaforma telematica.

Provvedimento ovviamente che non esiste!!!

Ma la circostanza ancor più allucinante è che lo stesso INPS, tre anni dopo, e precisamente con il messaggio n° 20715/2013 ha diramato un ordine di servizio alle sedi provinciali per disciplinare le modalità di gestione della fase di liquidazione post notifica del decreto di omologa.

L'aspetto più interessante è che nel suddetto messaggio viene proprio stabilito un assoluto ed inderogabile divieto di procedere con la richiesta dell'autocertificazione a mezzo del c.d. mod. AP70 in quanto l'Istituto può autonomamente procedere alla liquidazione delle provvidenze eventualmente spettanti, grazie all'accesso alle varie banche dati.

Purtoppo però da un lato "una mano non sa quello che fa l'altra" e dall'altro l'INPS nel costituirsi in giudizio, per provare a giustificare senza vergogna la propria inefficienza amministrativa, invoca la compensazione delle spese di lite in quanto l'AP70 non sarebbe stato trasmesso tramite la piattarforma telematica dell'Istituto.

Sul tema ho quindi il piacere di postare questo interessantissimo provvedimento del Tribunale di Napoli Nord (Sentenza n° 4948/2020), gentilmente messo a disposzione dall'amico e collega avv. Domenico Mirra.

lunedì 13 dicembre 2021

Il Giudice è tenuto a valutare gli eventuali aggravamenti ex art. 149 d.a. cpc anche nella fase di opposizione ad ATPO (Cassazione n° 37500/2021)

Facendo seguito a quanto già detto negli articoli che troverete QUI, ho il piacere di postare questo ulteriore e recentissimo contributo giurisprudenziale gentilmente messo a disposizione dall'amico e collega Massimo Mazzucchilello e reso in un giudizio patrocinato dal suo studio.

Nell'allegato provvedimento viene confermato l'orientamento (si veda anche altro precedente della Cassazione n° 30861/2019), basato anche sul diritto internazionale (CEDU), dell'obbligo di valutazione per il giudice degli aggravamenti delle condizioni di salute insorti durante il processo previdenziale.

Carmine Buonomo



 

giovedì 2 dicembre 2021

L'assegno mensile di invalidità torna cumulabile con i redditi da lavoro



L'assegno mensile erogato nei confronti degli invalidi civili con una invalidità tra il 74 ed il 99% torna cumulabile con i redditi da lavoro.

Lo prevede un emendamento al disegno di legge conversione del Decreto Fisco-Lavoro (D.L. n. 146/2021) approvato durante l'esame in Senato.

La modifica supera così l'indirizzo interpretativo seguito da un paio di sentenze della Corte di Cassazione e recepito recentemente dall'INPS con il Messaggio n. 3495/2021

L’intervento chiarisce che il requisito dell’inattività lavorativa si intende in ogni caso soddisfatto qualora il reddito derivante dall’eventuale attività lavorativa del soggetto non determini il superamento del limite di reddito massimo (circa € 4900 annui) previsto per il riconoscimento del trattamento medesimo.

mercoledì 24 novembre 2021

La liquidazione delle spese di giudizio nelle controversie previdenziali (Cassazione, 6 Civ., ord. 33625/2021)

Fonte: PuntodiDiritto.it

Ai fini della individuazione degli scaglioni applicabili per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni previdenziali, il valore della causa deve essere determinato alla stregua del criterio dettato dal secondo comma dell'art. 13 cod. proc. civ. per le cause relative a rendite temporanee o vitalizie (e cioè cumulando fino ad un massimo di dieci le annualità domandate) alle quali, ove venga in contestazione l'accertamento del diritto alla corresponsione nella misura richiesta, è assimilabile la prestazione assicurativa.

E' quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione 6 Civile, con l'ordinanza del 11 novembre 2021, n. 33625, mediante la quale ha accolto il ricorso e provveduto a nuova liquidazione delle spese. 

La vicenda 

La pronuncia in esame ha avuto origine dal fatto che il Tribunale di Foggia, adito in sede di opposizione ad ATP, dichiarava il diritto del ricorrente all'assegno ordinario di invalidità, liquidando le spese processuali nella misura di € 2.300,00. 

Avverso la sentenza veniva proposto ricorso per cassazione, denunciando la violazione e falsa applicazione del D M. n. 55 del 2014, della I. n. 794 del 1942, art, 24 c. 1 e D.M. n. 585 del 1994 art. 4 c. 1, nonché della I. 1051 del 1957 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., osservando che la misura dei compensi stabilita in sentenza appare assunta senza il rispetto dell'inderogabile limite minimo degli onorari e dei diritti stabiliti dalla tariffa professionale forense in relazione al valore della causa. 

La decisione in sintesi 

La Corte di Cassazione, mediante la menzionata ordinanza n. 33625 del 2021, ha ritenuto il motivo fondato e ha accolto il ricorso e, decidendo nel merito, ha liquidato le spese in complessivi € 5.115,00 secondo le tabelle.

La motivazione 

Sul punto il Collegio ha osservato che «ai fini della individuazione degli scaglioni applicabili per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni previdenziali (quale quella in oggetto), il valore della causa deve essere determinato alla stregua del criterio dettato dal secondo comma dell'art. 13 cod. proc. civ. per le cause relative a rendite temporanee o vitalizie (e cioè cumulando fino ad un massimo di dieci te annualità domandate), alle quali, ove venga in contestazione l'accertamento del diritto alla corresponsione nella misura richiesta, è assimilabile la prestazione assicurativa» (Corte di cassazione, n. 15656/2012, conf. Corte di cassazione, n. 10454/2015; Corte di cassazione, S.U., n.10455/2015)

Il Collegio, quindi, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ha deciso la causa nel merito liquidando le spese in complessivi € 5.115,00 (da cui va detratta la somma già liquidata), oltre rimborso spese forfetarie nella misura del 15%. 

A seguire il link all'ordinanza, liberamente scaricabile in formato .pdf

giovedì 21 ottobre 2021

Studio Legale Buonomo inserito nell'elenco dei candidati per l'indagine "Gli Studi Legali dell'anno 2022" del Sole24Ore: Votateci!!!

 

Anche quest'anno lo Studio legale Buonomo, già riconosciuto nell'anno 2020, è stato inserito nell'elenco dei candidati all'indagine "Gli Studi Legali dell'anno 2022" indetta dal Sole24Ore e Statista, piattaforma di dati aziendali n. 1 al mondo.

Se ritenete che l'attività da noi svolta sia (e soprattutto sia stata) meritevole di supporto, vi chiediamo di perdere pochissimi secondi del vostro prezioso tempo per onorarci del voto.

La procedura - che non richiede alcuna registrazione - semplicissima e velocissima, è raggiungibile al seguente 

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A seguire i vari step:

Pagina 1, schermata benvenuto: indicazione tipo utente e settore assistenza legale

martedì 19 ottobre 2021

Indennità NASPI: per la misura della prestazione bisogna tener conto del numero di settimane effettive maturate negli ultimi quattro anni (Tribunale Napoli Nord, Sentenza n° 3669/2021)

In riferimento all'oggetto, ho il piacere di postare un interessantissimo precedente giudiziario, reso in un giudizio patrocinato dal nostro studio.

Che la Naspi vada liquidata per un numero di settimane pari alla metà delle settimane contributive versate nel quadriennio precedente potrà sembrare ovvio, visto che è la stessa normativa che lo prevede.

Purtroppo, però, quando ci si rapporta con l'INPS nulla è scontato.

Nel caso specifico l'Istituto, nel costituirsi in un giudizio di condanna al pagamento della Naspi precedentemente negata, chiedeva dichiarasi cessata la materia del contendere, avendo riesaminato la pratica e provveduto al pagamento della prestazione dopo la notifica del ricorso.

Tuttavia, le settimane di Naspi liquidate (10 settimane pari a 70 giorni) - sulla base dei nostri calcoli - erano nettamente inferiori a quelle teoricamente spettanti (36 settimane pari a 252 giornate).

A seguito di istruttoria documentale (esibizione di C.U. e buste paga), la sempre attentissima d.ssa Raffaella Paesano del Tribunale di Napoli Nord, statuiva l'accoglimento della domanda giudiziale con diritto del ricorrente a percepire le ulteriori giornate non liquidate dall'INPS e dichiarando al contempo cessata la materia del contendere per le sole giornate già corrisposte ed ovviamente non contestate. 

La sentenza ovviamente viene pubblicata dopo i 30 giorni dalla notifica al procuratore costituito ai fini della decorrenza del termine breve per l'impugnazione.

Carmine Buonomo


martedì 12 ottobre 2021

In caso di visita di revisione volta alla mera rivalutazione del requisito sanitario, non è richiesta una nuova domanda amministrativa (Tribunale Napoli Nord, ordinanza RG 5206/2021)

Con riferimento all'annosa questione "verbale di revisione negativo / nuova domanda amministrativa" negli ultimi tempi l'INPS, a seguito delle continue "batoste" ricevute dai vari Tribunali del Lavoro italiani (LINK agli articoli) ha provato ad affinare gli artigli, modificando la propria strategia offensiva.
Cosa succede in pratica?
A titolo meramente esemplificativo, con verbale di revisione l'INPS comunica la mancata conferma del requisito sanitario con la sospensione dei benefici (economici e non) e contemporaneamente avvisa della possibilità di ricorrere in Tribunale con giudizio ex art. 445 bis cpc nei 6 mersi dalla notifica.
E fin qui nulla quaestio!!!
La cosa grave, invece, è che a distanza di un periodo variabile da pochi giorni a 2/3 mesi dalla notifica del verbale sanitario, l'INPS PROVVEDE - IN MANIERA TOTALMENTE IRRITUALE ED ILLEGITTIMA - ANCHE AD ADOTTARE E COMUNICARE la REVOCA della prestazione.
In questo modo, credendo di trovarsi di fronte ad un magistrato poco attento e ad un avvocato stupido, l'Istituto, costituendosi in giudizio, chiede il rigetto della domanda per intervenuta revoca.
Anche mia figlia che ha appena nove anni sa benissimo che LA REVOCA FORMALE PUÒ (anzi DEVE) ESSERE ADOTTATA SOLO ED ESCLUSIVAMENTE SE IL VERBALE SANITARIO NON VIENE IMPUGNATO ENTRO SEI MESI OPPURE SE, L’EVENTUALE GIUDIZIO DI ATPO VIENE DEFINITO CON ESITO SFAVOREVOLE AL RICORRENTE.
Lo sa mia figlia, lo sa il mio vicino di casa, lo sa anche il mio cagnolino, ma - guarda caso - all'INPS non lo sanno o, più probabilmente, fanno finta di non saperlo!!!
Fortunatamente esistono i magistrati e gli avvocati (si perdoni l’autocelebrazionismo): i primi deputati a far rispettare la legge ed i secondi a denunciare alla magistratura le storture del sistema e gli abusi di potere come questo or ora denunciato!!!
Con l'allegata ordinanza resa in un giudizio patrocinato dal nostro studio, a seguito delle note di trattazione scritta, la sempre attentissima e preparatissima d.ssa Chiara Cucinella, Giudice del Lavoro presso il Tribunale di Napoli Nord, nel rigettare la strampalata eccezione INPS di improponibilità per intervenuta revoca ha formalmente provveduto alla nomina del CTU con la seguente motivazione: 

martedì 21 settembre 2021

L'istanza di riconoscimento dell'handicap grave non richiede alcuna specifica indicazione al fine di integrare l'interesse ad agire ex art. 445 bis cpc (Cassazione, Sentenza 24952/2021)

Con riguardo alla fantasiosa eccezione INPS di inammissibilità del giudizio di ATPO in ragione della mancata esplicitazione, nel ricorso introduttivo, del beneficio non economico desiderato ai sensi dell'art. 3 co 3 L. 104/92, ho il piacere di postare questo interessantissimo e recentissimo provvedimento della S.C.

Con un'articolata ricostruzione giuridico/normativa la Cassazione conclude che "... l'istanza tesa al semplice riconoscimento di tale stato psico fisico non richiede altra indicazione al fine di integrare l'interesse ad attivare il procedimento di cui all'art. 445 bis c.p.c., laddove il medesimo stato sia stato in concreto negato dal soggetto che istituzionalmente ha il potere di accertarlo".

Carmine Buonomo

lunedì 30 agosto 2021

Assegno sociale: il reddito incompatibile al riconoscimento del relativo diritto assume rilievo solo se effettivamente percepito (Tribunale Napoli Nord, Sentenza n. 3397/2021)


In riferimento all'oggetto, ho il piacere di postare questo interessantissimo precedente reso dal Tribunale di Napoli Nord, in un giudizio patrocinato dal nostro studio.

Nel caso specifico, l'INPS rigettava in via amministrativa la domanda di assegno sociale avanzato dalla nostra assistita per un non meglio specificato superamento del limite reddituale.

Con la Sentenza n° 33397/2021 il sempre ineccepibile Giudice dr. Giovanni Andrea Rippa, accoglieva in toto la domanda giudiziale dell'assitita e, in continuità con quanto statuito da Cassazione n° 6570/2010, statuiva che un eventuale reddito incompatibile al riconoscimento del diritto all'AS assume rilievo solo se effettivamente percepito.

Carmine Buonomo

lunedì 2 agosto 2021

Tribunale Napoli Nord e stipula comodato d'uso con ASL Caserta: facsimile istanza di disapplicazione protocollo di intesa con l'INPS

 



Data l’importanza e soprattutto la gravità di quanto accaduto, invitiamo tutti a dare massima diffusione al presente articolo tramite i propri profili social.

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In una fase storica in cui si paventa una quarta ondata di covid 19 e le istituzioni addirittura ricorrono all’introduzione del green pass per regolamentare ovunque gli accessi, il nuovo Ufficio di Presidenza del Tribunale di Napoli Nord, in dispregio a qualsivoglia regola di buon senso e di sicurezza, ben ha pensato di “centralizzare” le visite CTU in materia previdenziale ed assistenziale.

Grande stupore e sconcerto, infatti, ha suscitato nell'Avvocatura la constatazione che il Presidente del suddetto Tribunale, Dott. Luigi Picardi, figura istituzionale che dovrebbe garantire la parità di condizioni tra le parti processuali, abbia ritenuto di stipulare un protocollo di intesa, che di fatto riscrive le modalità di svolgimento del processo previdenziale, con una sola delle parti del processo (INPS), senza neanche ritenere di dover preventivamente informare le altre parti interessate - cioè l'Avvocatura, che difende i diritti dei cittadini, e l'Ordine dei medici, che rappresenta i consulenti incaricati dal Tribunale di svolgere le operazioni di accertamento sanitario.

In tal modo si è palesato del tutto che il vero intento di tale accordo non sia quello di rendere più efficiente e produttivo il processo previdenziale, bensì solo quello di sbilanciarne ulteriormente le sorti ulteriormente a favore della parte pubblica ed a danno dei cittadini - anziani, disabili e pensionati - propagandando tale operazione dietro fantomatiche finalità di efficienza e produttività le quali, al contrario, ne verrano definitivamente travolte.

A tal uopo, infatti, ci si domanda come il Presidente Picardi possa ritenere che sostituire le centinaia di studi medici privati dei consulenti nominati dal Tribunale - dotati di tutte le attrezzature mediche ed informatiche necessarie per lo svolgimento di un processo oramai esclusivamente telematico, nonché del personale medico e di assistenza proprio del singolo consulente - con soli 8 gabinetti medici concessi dalla ASL di Caserta - forniti di non si sa quale attrezzatura medica ed informatica e privi di personale infermieristico ed organizzativo - nei quali si dovrebbero avvicendare quotidianamente centinaia e centinaia di parti coinvolte nel processo (CTU, periziandi, medici di parte, accompagnatori ed avvocati), con tutti gli inevitabili ritardi per la sanificazione ed igienizzazione dei locali dopo ogni visita, oltre agli immaginabili disguidi e disorganizzazioni, possa comportare dei reali ed effettivi benefici in termini di efficienza e produttività del processo.

Appare evidente, infatti, che tale situazione non potrà che determinare un inevitabile ulteriore "imbuto" nell'iter di svolgimento del processo, che non potrà che dilatare in maniera esponenziale i già intollerabili tempi della giustizia, come già dimostrato dalla fallimentare esperienza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ove l'introduzione di un analogo sistema di centralizzazione delle perizie tecniche ha comportato un incredibile allungamento dei tempi di convocazione a visita medica, i quali, dagli originari 20/30 giorni dal conferimento dell'incarico da parte del magistrato (tempi che oggi si registrano anche al Tribunale di Napoli Nord), si attestano oggi in tempi che superano addirittura 1 ANNO dal conferimento dell'incarico peritale, con un inaccettabile ulteriore implementazione dei già lunghissimi tempi processuali, in un settore in cui la richiesta di giustizia, provenendo da parte dei soggetti più deboli della società (anziani, disabili e pensionati), assume i contorni di maggiore urgenza ed emergenza.

Di fronte all'attuale contingenza politica, in cui si sta discutendo di una riforma della giustizia finalizzata a contenere i troppo lunghi tempi di durata dei processi, il provvedimento in questione va proprio nella direzione opposta alle finalità assunte dal Governo, e sarebbe interessante conoscere sulla base di quali dati statistici e studi di settore il Presidente Picardi abbia ritenuto che tale sistema possa comportare un accorciamento dei tempi di effettuazione delle perizie, i quali oggi, grazie alla collaborazione ed all'impegno delle centinaia di consulenti medici privati nominati dal Tribunale, si attestano - lo ribadiamo - su soli 20/30 giorni dal conferimento dell'incarico, e che, al contrario, saranno inevitabilmente destinati ad allungarsi in maniera esponenziale, con un evidente enorme danno a carico dell'utenza e della collettività tutta.

giovedì 22 luglio 2021

Indebito assistenziale: le somme liquidate in una polizza vita non producono redditi rilevanti ai fini previdenziali (Tribunale Napoli Nord, Sentenza n. 2998/2021)

In riferimento all'annosa questione degli indebiti assistenziali per motivi reddituali, ho il piacere di postare questo interessantissimo precedente della Sezione Lavoro del Tribunale di Napoli Nord, reso in un giudizio patrocinato dal nostro studio.

Nel caso specifico, la sempre impeccabile d.ssa Federica Acquaviva Coppola, dopo aver sviscerato un interessantissimo excursus sull'evoluzione normativa degli indebiti assistenziali, si pronuncia sulla questione dell'imputazione dei capitali liquidati in una polizza vita, accogliendo la nostra tesi secondo cui la somma riscossa, non essendo fiscalmente imponibile, non ha contribuito alla produzione di redditi rilevanti ai fini previdenziali.

Come sempre il provvedimento viene pubblicato solo dopo la decorrenza del termine breve di 30 giorni per l'impugnazione, decorrente dalla notifica del titolo al procuratore costituito.

Buona lettura

Carmine Buonomo

giovedì 17 giugno 2021

Il mod AP23 "telematico" può essere inviato tramite piattaforma INPS solo dopo la comunicazione dell'avvenuta liquidazione della prestazione al de cuius

Come tutti voi saprete l'INPS ha predisposto un apposito modello (cd. AP23) che consente agli eredi legittimi o testamentari di un soggetto titolare di prestazione assistenziale, di poter richiedere il pagamento in proprio favore delle relative rate maturate e non riscosse dal de cuius in vita. 

E' importantissimo segnalare che fin quando l'INPS non provvede a liquidare la prestazione in favore del defunto, questo modello non può in alcun modo essere trasmesso attraverso la piattaforma telematica dell'Istituto (in quanto non si rinviene alcuna pensione su cui “appoggiarsi”), ma solo comunicato all'Ente informalmente attraverso PEC o formalmente attraverso la notifica.

Solo dopo l'avvenuta comunicazione della liquidazione della prestazione da parte dell'INPS, sarà possibile operare sul portale internet dell'istituto, presentando la relativa richiesta di pagamento.

Ho ritenuto opportuno segnalare questo importante passaggio in quanto mi sono giunte numerosi voci di giudizi di condanna post omologa positiva nei quali i giudici, pur condannando l'INPS al pagamento dei relativi ratei, hanno provveduto a compensare integralmente le spese di lite per non aver i ricorrenti presentato "telematicamente" (in quanto non era possibile farlo) il relativo modello AP23.

Carmine Buonomo   

mercoledì 28 aprile 2021

Indebito assistenziale per motivi reddituali: salvo il caso dolo, non sono ripetibili le somme in presenza di rituale dichiarazione dei redditi (Corte Appello Napoli, Sentenza n. 1287/2021)

Come avevo avuto modo di parlarne in un mio precedente articolo (LINK),  l'indebito assistenziale determinato dal venir meno dei requisiti reddituali previsti dalla legge abilita l'ente erogatore alla ripetizione delle somme versate solo a partire dal momento in cui è stato accertato il superamento dei predetti requisiti, a meno che non si provi che l'"accipiens" versasse in dolo rispetto a tale condizione (come ad esempio allorquando l'incremento reddituale fosse talmente significativo da rendere inequivocabile il venire meno dei presupposti del beneficio), trattandosi di coefficiente soggettivo idoneo a far venir meno l'affidamento alla cui tutela sono preposte le norme limitative della ripetibilità dell'indebito.

Questo principio, sancito più e più volte dalla Cassazione, era stato recepito dal Tribunale Nola con Sentenza n° 1880/2019 resa in un giudizio patrocinato dal nostro studio.

Non contento dell'esito del giudizio, l'Istituto soccomente impugnava la citata Sentenza, riproponendo in pratica le stesse argomentazioni del primo grado.

Con Sentenza n° 1287/2021 la Corte d'Appello di Napoli, a seguito delle nostre difese e con un interessantissimo excursus normativo e giurisprudenziale, nello statuire che "... deve rilevarsi che per tali anni la condizione reddituale dell'appellato era conosciuta o comunque conoscibile dall'INPS, avendo questi presentato rituale dichiarazione dei redditi", ha rigettato il gravame dell'INPS confermando l'irripetibilità delle somme contestate.

Carmine Buonomo