giovedì 22 ottobre 2020

La previsione di cui all'art. 149 disp.att. cpc si applica anche ai giudizi introdotti ai sensi dell'art. 445-bis cpc (Cass. ord. n° 23149/2020)

La previsione di cui all’art. 149 disp. att. cpc che, in materia di controversie sull’invalidità pensionabile, impone la valutazione in sede giudiziaria di tutte le infermità, pur sopravvenute nel corso del giudizio, si applica anche ai giudizi introdotti ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., essendo pienamente compatibile con la ratio di deflazione del contenzioso e velocizzazione del processo (conferma Cass. 30860/2019). 

Ringrazio il fraterno amico e collega avv. Gaetano Irollo per il prezioso precedente messo a disposizione.

Carmine Buonomo

mercoledì 21 ottobre 2020

Indebito assistenziale reddituale: sono ripetibili solo le somme versate dal momento in cui l'ente accerti il superamento dei requisiti (Tribunale Foggia, Sentenza n° 5026/2019)

In riferimento all'annosa questione degli indebiti assitenziali connessi a carenza del c.d. requisito reddituale, ho il piacere di postare un interessantissimo precedente del Tribunale di Foggia, gentilmente condiviso dal collega avv. Antonio Tota dell'omonimo foro. 

Nel suddetto provvedimento il Tribunale - partendo dall'orientamento della Suprema Corte di Cassazione con sentenza n° 28771/2018 e poi confermato con ordinanza n° 10642/2019 - stabilisce inequivocabilmente che l'indebito assistenziale per venir meno dei requisiti reddituali, inteso rigorosamente quale venir meno del titolo all'erogazione di una prestazione che era stata chiesta e si aveva diritto a percepire, determina il diritto a ripetere le somme versate solo a partire dal momento in cui l'ente preposto accerti il superamento dei requisiti redituali; ciò a meno che risulti provato che l'accipiens si trovasse, al momento della percezione in situazione di dolo rispetto alò venir meno del suo diritto.

Carmine Buonomo  

martedì 20 ottobre 2020

Anche il Tribunale di Messina si pronuncia sull'eccezione INPS "verbale revisione negativo = revoca della prestazione" (ordinanza del 23/09/2020)

Proseguono senza sosta i provvedimenti con cui i vari Tribunali italiani si pronunciano, rigettando, la capziosa eccezione processuale dell'INPS secondo cui il verbale di revisione negativo (per l'Istituto equivalente alla revoca della prestazione in godimento) non sarebbe impugnabile in giudizio ma richiederebbe una nuova domanda amministrativa.

Questa volta è il turno del Tribunale di Messina, G.L. d.ssa Rosa Bonanzinga, con un'interessantissima ordinanza gentilmente inviatami dal collega avv. Gianluca De Santis del foro di Catanzaro.

Troverete i file in formato .pdf, liberamente scaricabili, in fondo al post.

Altri articoli sull'argomento li troverete QUI.

Carmine Buonomo

martedì 13 ottobre 2020

L'indebito assistenziale, salvo il caso di dolo, è ripetibile solo per i ratei succesivi al provvedimento che accerta il venir meno delle condizioni di legge (Tribunale Palermo, Sentenza 3896/2019)

In riferimento all'oggetto ho il piacere di postare questo interessantissimo precedente del Tribunale di Palermo, gentilmente condiviso dal collega avv. Erasmo Tarantino e diffuso dall'amico e collega avv. Claudio La Cavera sulla propria pagina Facebook "Invalidità Civile - Gratuito Patrocinio - Palermo e Provincia".

Nel caso specifico si controverteva su un ingente indebito su prestazione di invalidità civile (circa € 19.500,00).

Il Tribunale di Palermo, ispirandosi al principio delineatosi da Cassazione, Sentenza n° 28771/2018 e successivamente confermato da Cassazione, Sentenza n° 10642/2019 ha annullato la richiesta di indebito avanzata dall'INPS, affermando che l'indebito assistenziale, in mancanza di norme specifiche che dispongano diversamente, è ripetibile solo successivamente al momento in cui intervenga il provvedimento che accerta il venir meno delle condizioni di legge, salvo il caso di dolo.

Carmine Buonomo 


lunedì 12 ottobre 2020

La prescrizione quinquennale del credito contributivo inizia a decorrere dalla data di scadenza del relativo versamento (Tribunale Napoli Nord, Sentenza n° 2512/2020)

Ho il piacere di condividere con voi questo precedente del Tribunale di Napoli Nord, G.L. dr. Gennaro Iacone, reso in un giudizio patrocinato dal nostro studio.

Nel caso specifico si controverteva su un opposizione ad avviso di addebito INPS per crediti contributivi relativi alla gestione commercianti.

Il Tribunale, accogliendo in pieno la nostra linea difensiva - secondo la quale la decorrenza del termine di prescrizione decorre dal momento in cui scadono i relativi termini di pagamento e non, come preteso dall'INPS, dalla presentazione della dichiarazione dei redditi al fisco - ha proveduto ad annullare integralmente l'avviso di addebito impugnato.

Spese compensate per 1/2 in relazione al "mutamento giurisprudenziale" di cui in motivazione.

Carmine Buonomo
   

venerdì 9 ottobre 2020

Indebito assistenziale per il venir meno dei requisiti sanitari: sono irripetibili le somme percepite in buona fede se il verbale di revisione non è mai stato notificato (Tribunale Della Spezia, Sentenza n° 61/2020)


Ho il piacere di postare un interessantissimo precedente del Tribunale Della Spezia (Sentenza n° 61/2020, G.L. dott. Giampiero Panico), gentilmente condiviso dalla collega avv. Dina Fedi.

Nel caso specifico si controverteva su un ingentissimo indebito assistenziale (oltre € 74.000), scaturito da una mancata conferma dei requisiti sanitari a seguito di visita di revisione.
L'INPS, nonostante la previsione dell'art. 37, comma 8, L. 448/1998 (anche a seguito dell'intervento della Corte Costituzionale con ordinanza n° 448/2000) - che prevede l'immediata sospensione dell'erogazione dei benefici e la revoca delle provvidenze economiche a decorrere dalla visita di verifica nei successivi 90 giorni - aveva continuato a pagare ugualmente la prestazione per oltre 8 anni.
Inoltre era particolarmente evidente la buona fede della percipiente visto che il verbale di revisione non le era mai stato notificato nè l'INPS si era mai attivato per sospendere e/o revocare il pagamento delle provvidenze economiche.

Particolarmente interessante e meritevole di plauso è anche la liquidazione dei compensi di causa (seppur compensati per 1/2 per la complessità del quadro normativo) certosinamente calcolata sulla base dei parametri forensi ex D.M. 55/2014.

Carmine Buonomo

mercoledì 7 ottobre 2020

Per il diritto all'assegno sociale è irrilevante la mancata richiesta di mantenimento al coniuge separato (Cass. Ord. n° 14513/2020)

La Corte di Cassazione ha finalmente dato seguito all’orientamento che si stava affermando nella giurisprudenza di merito, cassando la sentenza della Corte d’appello di Ancona che aveva rigettato la domanda della ricorrente volta ad ottenere l’assegno sociale, in quanto “non aveva richiesto al coniuge alcun assegno di mantenimento, anche minimo, in sede di separazione”.

La Suprema Corte non ha condiviso la tesi della Corte territoriale, che “ha in realtà introdotto nell'ordinamento l'ulteriore requisito (rilevante in generale, a livello dell'astratta disciplina legale, quale conditio iuris) dell'obbligo del richiedente l'assegno sociale di rivolgersi previamente al proprio coniuge separato; con effetti inderogabilmente ablativi del diritto all'assegno sociale, in caso di inottemperanza; pur nella accertata sussistenza dei requisiti esplicitamente dettati allo scopo dalla legge. Ma senza che la stessa disciplina contenga alcuna indicazione in tale direzione: dal momento che essa non prevede che la richiesta di assegno di mantenimento al coniuge separato possa rilevare nè ai fini dell'accesso al diritto, nè ai fini della misura dell'assegno sociale. (…) La sentenza impugnata deve allora ritenersi erronea anzitutto laddove, in carenza di qualsiasi previsione di legge, ha ritenuto che la semplice mancanza di richiesta dell'assegno di mantenimento al coniuge separato equivalga ad assenza dello stato bisogno ("ammissione di insussistenza delle condizioni di cui alla L. n. 335 del 1995, cit. art. 3, comma 6") dando luogo al riconoscimento del proprio stato di autosussistenza economica”.

lunedì 28 settembre 2020

Nei giudizi aventi ad oggetto l'indennità di accompagnamento, non è richiesta alcuna dicitura particolare nel certificato medico introduttivo (Trib. Napoli Nord, Sentenza n° 2910/2020)

Ho il piacere di postare questo interessantissimo precedente del Tribunale di Napoli Nord (Sentenza n° 2910/2020, G.L. d.ssa Federica Izzo), reso in un giudizio patrocinato dal nostro studio.

Nel caso specifico, alla ricorrente (infrasessantasettenne) nella fase di ATPO venivano riconosciuti i requisiti sanitari di "non autonomia", necessari per l'invocata indennità di accompagnamento, sin dalla domanda amministrativa.

L'INPS quindi proponeva opposizione all'accertamento sanitario, eccependo la mancanza di idonea domanda amministrativa in ragione del mancato "flag" da parte del medico curante di una o entrambe le voci di non autonomia nel certificato introduttivo.

Interessante l'excursus giurisprudenziale che, partendo dalla giurisprudenza di primo e secondo grado per poi passare a quella recentissima di Cassazione, giungendo infine al Messaggio INPS n° 3383/2019 che ha posto un punto fermo alla questione, viene posto alla base del rigetto dell'opposizione dell'Istituto.

Carmine Buonomo

giovedì 24 settembre 2020

Riconoscimento del c.d. “incremento al milione” agli inabili civili, sordi o ciechi assoluti nonchè inabili ex L. 222/84 (Circolare INPS n° 107 del 23/09/2020)


La
sentenza della Corte Costituzionale n. 152 del 23 giugno 2020 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 38, comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, nella parte in cui, con riferimento agli invalidi civili totali, dispone che l’incremento sia concesso “ai soggetti di età pari o superiore a sessanta anni”e non anche “ai soggetti di età superiore a diciotto anni”.

La citata norma infatti riconosceva un incremento del trattamento pensionistico fino ad € 516,46 al mese per tredici mensilità (c.d. “incremento al milione”) ai titolari di pensione di inabilità (invalidi civili totali, ciechi civili assoluti e sordi) o di pensione di inabilità di cui alla legge n. 222/1984, non prima del compimento del sessantesimo anno di età.

Secondo la Corte Costituzionale il requisito anagrafico di sessanta anni è irragionevole e discriminatorio perché il soggetto totalmente invalido, pur se di età inferiore ai sessanta anni, si trova in una situazione che non è certo meritevole di minor tutela rispetto a quella in cui si troverebbe al compimento del sessantesimo anno di età.

In applicazione di tale pronuncia, il D.L. 14 agosto 2020, n. 104, recante “Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia”, prevede, all’articolo 15, che: “Con effetto dal 20 luglio 2020 all'articolo 38, comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni, le parole “di età pari o superiore a sessanta anni” sono sostituite dalle seguenti: “di età superiore a diciotto anni”.

Pertanto a decorrere dal 20 luglio 2020, agli invalidi civili totali, ciechi assoluti e sordi, nonchè titolari di pensione di inabilità ex L.222/84 è riconosciuta d’ufficio una maggiorazione economica tale da garantire un reddito complessivo pari, per il 2020, a € 651,51 per tredici mensilità.

REQUISITI REDDITUALI:

Per avere diritto al beneficio sono necessari i seguenti requisiti reddituali (importi 2020):

a) il beneficiario non coniugato deve possedere redditi propri non superiori a € 8.469,63 (pari all’importo massimo moltiplicato per tredici mensilità);

b) il beneficiario coniugato (non effettivamente e legalmente separato) deve possedere, contemporaneamente:

  1)   redditi propri di importo non superiore a € 8.469,63;
 2) redditi cumulati con quello del coniuge di importo annuo non superiore a € 14.447,42.

Se entrambi i coniugi hanno diritto all’incremento, questo concorre al calcolo reddituale. Pertanto, nel caso in cui l’attribuzione del beneficio a uno dei due comporti il raggiungimento del limite di reddito cumulato, nulla è dovuto all’altro coniuge. Se invece il limite non viene raggiunto, l’importo dell’aumento da corrispondere a un coniuge deve tener conto del reddito cumulato comprensivo dell’aumento già riconosciuto all’altro.

mercoledì 9 settembre 2020

La mancata proposizione del ricorso amministrativo non costituisce condizione di proponibilità della domanda giudiziale (Tribunale Napoli Nord, ordinanza R.G. 1094/2020)

Cosa succede quando un cittadino, nel ricorrere in giudizio avverso il mancato riconoscimento di una prestazione previdenziale o assistenziale, abbia omesso di presentare il previo ricorso amministrativo o abbia comunque agito in altro modo (es. inviando una pec in autotutela)?
Secondo l'INPS il relativo giudizio andrebbe irrimediabilmente dichiarato "improcedibile".
Secondo la giurisprudenza della Cassazione (sentenza n° 15797/2001, n° 2721/2012 e da ultima ordinanza n° 19481/2018), invece, "i ricorsi gerarchici interni non costituiscono più, dopo la riforma del 1973, un passaggio obbligato per giungere alla tutela giurisdizionale, ma rappresentano, oramai, un sistema di rimedi giuridici collaterali all'azione, a disposizione del cittadino e più a tutela dell'amministrazione che del cittadino stesso, capaci di influire sul processo solo in via di sospensione".     
Sul punto vorrei segnalare un'interessantissima ordinanza del Tribunale di Napoli Nord, resa in un giudizio patrocinato dal nostro studio.
Nel caso de qua, si controverteva su un mancato riconoscimento di ratei di assegno ordinario di invalidità L. 222/1984. 
L'assistito (che si era rivolto al nostro studio solo dopo che erano decorsi i termini per il ricorso amministrativo), aveva autonomamente agito in autotutela avverso il provvedimento di reiezione tramite pec.
L'INPS quindi si costituiva chiedendo l'improcedibilità del ricorso per non aver il cittadino presentato ricorso online nei 90 giorni dalla reiezione della domanda.
Il Giudice, all'esito della precedente udienza, aveva rinviato la causa, onerando parte ricorrente a produrre la prova documentale del previo esperimento del ricorso amministrativo avverso il provvedimento di diniego INPS.
All'udienza cartolare del 08/09/2020 la presente difesa, citando la summensionata giurisprudenza della S.C. ed il combinato disposto degli artt. 7 e 8 L. 533/73, 148 disp. att. cpc, e 443 cpc, insisteva nella nomina del CTU o, in via subordinata, chiedeva l'eventuale sospensione del giudizio per la presentazione del ricorso amministrativo.
La sempre attentissima ed impeccabile d.ssa Fabiana Colameo provvedeva quindi a rigettare l’eccezione dell’inps, nominando il CTU con la seguente motivazione: "... alla data della odierna udienza cartolare è ormai decorso il termine per la proposizione del ricorso amministrativo; considerato che, in ogni caso, la mancata proposizione del ricorso amministrativo non costituisce condizione di proponibilità della domanda giudiziaria".    
Cosa dire? Anche questa volta, grazie ad un magistrato attento, preparato e scevro da pregiudizi in favore dell'ente pubblico, giustizia è fatta!!!  

Carmine Buonomo




mercoledì 2 settembre 2020

Notifica a mezzo PEC agli indirizzi risultanti dall' IPA ex art. 28 D.L. 76/2020: facsimile nota di accompagnamento e relata di notifica

Come detto già QUI, l’art. 28 del D.L. 76 del 16 Luglio 2020 consente all’Indice dei Domicili Digitali delle Pubbliche Amministrazioni e dei Gestori di Pubblici Servizi (IPA) di uscire -quasi - definitivamente da quel limbo kafkiano che lo perseguita sin dalla sua nascita.

La norma in parola, concede 90 giorni di tempo al Ministero della Giustizia rectius: alla sua emanazione tecnica, la D.G.S.I.A.) per predisporre delle “specifiche tecniche” che consentano di adeguare il già esistente (ma non completamente popolato) Registro delle PP.AA.; tale registro, per intendersi, è quello attualmente accessibile tramite il P.S.T. (tecnicamente il nome esatto è: Registro contenente gli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata delle Amministrazioni Pubbliche, costituito ai sensi del D.L. 179/2012, Art. 16, comma 12);

Ora, sino a quando tale adeguamento non sarà effettuato dalla D.G.S.I.A., i Colleghi potranno utilizzare gli indirizzi PEC risultanti dal nuovo (o meglio, ora ‘maturo’) IPA, vale a dire l’Indice dei Domicili Digitali delle Pubbliche Amministrazioni e dei Gestori di Pubblici Servizi.

A tutt'oggi, mentre l'INAIL già dal 2016 ha regolarmente comunicato la propria PEC univoca al Registro PP.AA. ("notifiche_comunicazioni@postacert.inail.it") (LINK), questo non è avvenuto per l'INPS.

Va da sè che, ai fini della valida notifica a mezzo PEC ed in attesa che l'INPS si decida a comunicare la propria PEC al registro PP.AA., i colleghi potranno tranquillamente utilizzare gli indirizzi PEC risultanti dall'Indice delle Pubbliche Amministrazioni.

Ricordo, inoltre, che la prova in giudizio dell'avvenuta notifica a mezzo PEC, negli uffici giudiziari abilitati al processo telematico, non può assolutamente essere fornita con la semplice stampa delle ricevute di consegna e di accettazione.

In questi casi infatti, bisogna salvare le relative ricevute in formato .eml o .msg ed inviarle (con una nota di accompagnamento in formato .pdf) nel relativo fascicolo telematico: solo così, infatti, il Giudice potrà "accedere materialmente" nella pec inviata e verificare i files trasmessi, gli indirizzi destinatari e data, ora ed esito della notifica.

Ritenendo di fare cosa gradita, provvedo quindi ad allegare un facsimile della nota di accompagnamento dei files in formato .eml e di una relata di notifica.

venerdì 7 agosto 2020

Incremento della pensione: ne ho diritto? e quanto mi spetta? Capirlo con due click

Il combinato della sentenza della Corte Costituzionale 152/2020 e del Decreto Legge “agosto” produce una serie di effetti per gli invalidi, i ciechi e i sordi aprendo alcune possibilità di incremento delle loro pensioni. 

Essendo complesso orientarsi correttamente HandyLex.org ha predisposto un semplice script che con pochi click fornisce una prima risposta.

Ringrazio il fraterno amico Carlo Giacobini, direttore di HandyLex per l'impagabile servizio reso.

LINK AL SERVIZIO



Assegno sociale: è irrilevante la rinuncia all'assegno di mantenimento (Corte Appello Genova, Sentenza n° 72/2020)

In riferimento all'annosa questione assegno sociale / assegno mantenimento, ho il piacere di condividere un interessantissimo precedente gentilmente messo a disposizione dalla collega Dina Fedi del Foro di La Spezia.

Degna di segnalazione è la parte in cui il collegio conclude che "... la circostanza che l'appellata in sede di divorzio abbia rinunciato all'assegno divorzile non possa essere ricondotta ad un intento di abusare della copertura assistenziale quanto, invece, alla consapevolezza che le condizioni economiche dell'ex coniuge non avrebbero concretamente consentito di provvedere al mantenimento di entrambi".

Altri post sull'argomento li troverete al seguente LINK.

Carmine Buonomo

mercoledì 5 agosto 2020

Indebito pensionistico, genericità della richiesta e sanatoria ex art. 13 L. 412/1991 (Tribunale Bari, Sentenza n° 2205/2020)

In tema di indebito previdenziale, allego un interessantissimo precedente giurisprudenziale della Sezione Lavoro del Tribunale di Bari (Sentenza n° 2205/2020, G.L. d.ssa Angela Vernia), gentilmente messo a disposizione dal collega avv. Francesco de Cesare.

Nel provvedimento in oggetto si legge che l'onere della prova, anche secondo quanto stabilito dalle S.S.U.U. della Cassazione con Sentenza n° 18046/2016, grava sul ricorrente che richiede l'accertamento negativo della pretesa creditoria, A CONDIZIONE che l'Istituto non si sia limitato a contestare genericamente l'indebito, ma abbia precisato gli estremi del pagamento, corredati dell'indicazione, sia pure sintetica, delle ragioni che non legittimerebbero la corresponsione delle somme rogate, così da consentire al debitore di effettuare i necessari controlli sulla correttezza della pretesa.

A ciò si aggiunga un excursus normativo e giurisprudenziale sulla sanantoria ex art. 13 L. 412/1991 secondo cui l'INPS non può recuperare somme indebitamente corrisposte, salvo che la percezione sia dovuta a dolo dell'interessato. 

Carmine Buonomo

lunedì 20 luglio 2020

Maggiorazione sociale per gli invalidi civili al 100%: depositata la Sentenza della Corte Costituzionale n° 152/2020


Post del carissimo amico Carlo Giacobini, direttore di HandyLex.org

In attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, la Corte Costituzionale ha depositato poco fa la Sentenza 152/2020 (LINK) assunta nella seduta del 23 giugno scorso.

La Sentenza riguarda - detto molto sommariamente - l'aumento delle provvidenze agli invalidi civili attualmente fissate a 286 euro mesili.
La sentenza infatti dichiara l'illegittimità costituzionale dell’art. 38,comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, nella parte in cui, con riferimento agli invalidi civili totali, dispone che gli aumenti previsti (il famoso aumento ad un milione di lire) sono concessi «ai soggetti di età pari o superiore a sessanta anni» anziché «ai soggetti di età superiore a diciotto anni».


Quell'aumento oggi è di euro 651,51, per tredici mensilità con i seguenti limiti reddituali: euro 8.469,63 per il pensionato solo ed euro 14.447,42 per il pensionato coniugato.

Nei prossimi giorni approfondiremo con una specifica analisi.

Nel frattempo attendiamo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale ormai imminente.
Nel frattempo:
1) non è necessario presentare nessuna domanda;
2) l'aumento spetterà solo agli invalidi civili totali (non parziali);
3) l'aumento seguirà la medesima logica di quello previsto dall'articolo 38 della legge 448/2001 (limiti redituali).
Per il resto, manteniamo la pazienza: arriveranno le rituali specifiche da INPS. Prima molte risposte sarebbero approssimative.
Alla lettura della sentenza appaiono ancora più evidenti molte approssimazioni e commenti pubblicate in queste settimane da stampa generalista ma anche da testate e siti specificamente rivolti alla disabilità.



IPA: il Pubblico Registro è finalmente maturo (per le notifiche PEC)!


L’Art. 28 del D.L. 76 del 16 Luglio 2020 consente all’Indice dei Domicili Digitali delle Pubbliche Amministrazioni e dei Gestori di Pubblici Servizi (IPA) di uscire -quasi - definitivamente da quel limbo kafkiano che lo perseguita sin dalla sua nascita.

Occorre però analizzare brevemente il contenuto precettivo dell’articolo del Decreto in parola, perché il consueto, caotico affastellarsi di norme tecniche ne rendono poco intellegibile il testo. 
Quanto verrà specificato, va da sé, sarà seguito da un più esaustivo approfondimento a cura delle competenti Commissioni consiliari. 
Ma poiché non lieve è il beneficio per i Colleghi, che sin da subito possono giovarsene, è doveroso precisare:

1) La norma in parola, concede 90 giorni di tempo al Ministero della Giustizia (rectius: alla sua emanazione tecnica, la D.G.S.I.A.) per predisporre delle “specifiche tecniche” che consentano di adeguare il già esistente (ma non completamente popolato) Registro delle PP.AA.; tale registro, per intendersi, è quello attualmente accessibile tramite il P.S.T. (tecnicamente il nome esatto è: Registro contenente gli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata delle Amministrazioni Pubbliche, costituito ai sensi del D.L. 179/2012, Art. 16, comma 12);

2) Adeguare, quindi, ma a cosa? 
Ebbene, il summenzionato Registro delle PP.AA. dovrà contenere anche “gli indirizzi di posta elettronica certificata di propri organi o articolazioni, anche territoriali, presso cui eseguire le comunicazioni o notificazioni per via telematica nel caso in cui sia stabilito presso questi l'obbligo di notifica degli atti introduttivi di giudizio in relazione a specifiche materie ovvero in caso di autonoma capacita' o legittimazione processuale”. 
Ed è altresì previsto che: “Per il caso di costituzione in giudizio tramite propri dipendenti, le amministrazioni pubbliche possono altresi' comunicare ulteriori indirizzi di posta elettronica certificata, riportati in una speciale sezione dello stesso elenco di cui al presente articolo e corrispondenti a specifiche aree organizzative omogenee, presso cui eleggono domicilio ai fini del giudizio.”;

3) Ora, sino a quando tale adeguamento non sarà effettuato dalla D.G.S.I.A., i Colleghi potranno utilizzare gli indirizzi PEC risultanti dal nuovo (o meglio, ora ‘maturo’) IPA, vale a dire l’Indice dei Domicili Digitali delle Pubbliche Amministrazioni e dei Gestori di Pubblici Servizi.

Quindi: verificate sempre, prima, il Registro delle PP.AA. e solo nel caso in cui non sia ivi reperibile la PEC di interesse, raccogliete la stessa dall’IPA, dandone chiara contezza in relazione di notifica.

Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, avendo più volte sollecitato la risoluzione della questione del Pubblico Registro in parola, che da anni è oggetto di continua, strenua e dettagliata denunzia in ogni sede, apprende con soddisfazione la decisione di inserire la norma all’interno del Decreto Rilancio. Nel contempo ricorda che, come deliberato finanche nel periodo di massima emergenza Covid, perseguirà concretamente avanti autorità proprio quelle Pubbliche Amministrazioni che, rendendosi inadempienti rispetto agli obblighi di legge, releghino ancora una volta nel nulla quella che invece costituisce per il difensore un’agile modalità pratica volta al conseguimento della tutela degli interessi e dei diritti dei cittadini e delle imprese.

Roma, 17 Luglio 2020 
Il Presidente, Antonino Galletti


martedì 7 luglio 2020

Il diritto al prepensionamento per lavori faticosi e pesanti non va necessariamente provato con il contratto individuale di lavoro (Corte Appello Firenze, Sentenza n° 323/2020)

Ho il piacere di postare un interessante precedente della Corte di Appello di Firenze, gentilmente condiviso dal collega avv. Daniele Brotini del medesimo foro, che ha confermato il diritto ai benefici ai fini dell’accesso al pensionamento anticipato spettante per lavori faticosi e pesanti (D.Lgs n. 67/2011), negando la fondatezza della tesi dell'INPS che riteneva indispensabile la produzione del contratto individuale di lavoro e ritenendo, viceversa, che la sussistenza dei requisiti per accedere al beneficio fosse comunque provata con "estratti conto e buste paga". 
Più in generale la Corte ha affermato l'importante principio secondo il quale "la limitazione degli strumenti probatori prevista da fonti normative di livello secondario non può incidere sulle previsioni delle norme di fonte primaria".

Carmine Buonomo

venerdì 12 giugno 2020

Sospensione indennità Naspi per blocco codice fiscale nella piattaforma SCUP (Tribunale Catania, Sentenza n° 1178/2020)

Ho il piacere di postare questo interessantissimo precedente giudiziario gentilmente condiviso dal collega avv. Giuseppe Marzano del foro di Catania.


Degna di nota è la parte in cui il Giudice adito si pronuncia, rigettando, l'eccezione di decadenza annuale proposta dall'INPS ex art. 4 L. 438/1992.

Per quanto invece riguarda la sospensione del pagamento per l'eccepito blocco del codice fiscale del ricorrente nella piattaforma SCUP (Sistema di Controllo Unificato dei Pagamenti) l'attento magistrato rigetta anche quest'ulteriore eccezione, rilevando come l'INPS non abbia fornito prova dell'esistenza di una sentenza di condanna con la quale fosse stata disposta la sanzione accessoria della revoca delle prestazioni di disoccupazione, assegni sociali o pensioni di invalidità civile.

venerdì 5 giugno 2020

La condanna al versamento dei contributi previdenziali non può essere proposta direttamente nei confronti del datore di lavoro (Corte Appello Napoli, Sentenza n° 6124/2019)

Ho il piacere di postare questo interessantissimo precedente giurisprudenziale reso dalla Sezione Lavoro della Corte d'Appello di Napoli, Consigliere relatore dr. De Pietro, in un giudizio patrocinato dal nostro studio.
Nel caso specifico il nostro assistito veniva convenuto in primo grado avanti il Tribunale di Napoli Nord da una ex lavoratrice per essere condannato al versamento dei contributi previdenziali.
Il Tribunale di Napoli Nord rigettava il ricorso con compensazione integrale delle spese di lite.
La soccombente, non contenta, decideva di impugnare la sentenza in Corte d'Appello.
Ci costituivamo quindi con domanda riconvenzionale chiedendo il rigetto dell'appello ed ovviamente la condanna alle spese del doppio grado di giudizio.
Il Giudice di seconde cure rigettava anche l'appello con condanna al pagamento delle spese di lite.  
La massima è che la condanna al versamento dei contributi previdenziali non può essere proposta direttamente nei confronti del datore di lavoro per difetto di legittimazione attiva del ricorrente.

Carmine Buonomo