martedì 28 marzo 2017

PCT e attestazioni di conformità aggiornate con le modifiche apportate dal provvedimento del 28/12/2015 (pubblicato sulla G.U. del 07.01.2016) alle nuove specifiche tecniche DGSIA

In G.U. del 07/01/2016 sono state pubblicate le nuove specifiche tecniche DGSIA applicabili al PCT. Cliccando sul pulsante in basso potrete scaricare un vademecum orientativo con i facsimile aggiornati, egregiamente predisposto dal Centro Studi per il Processo Telematico. 

Carmine Buonomo



mercoledì 22 marzo 2017

Nel contrasto tra decreto di omologa e CTU, l'unico rimedio esperibile è la procedura CEM (Cassazione, ordinanza n° 6415/2017)


Avverso il decreto di omologa (che segue automaticamente nel caso in cui non sorgano contestazioni) non vi sono rimedi perché questo è espressamente dichiarato, dal legislatore che ha novellato il codice di rito, "non impugnabile", quindi non soggetto ad appello e neanche a ricorso straordinario ex art. 111 Cost. (quest'ultimo ammissibile limitatamente alla statuizione sulle spese, sia legali che di consulenza).

La discrasia tra il parere del CTU ed il decreto di omologa è irrilevante, dovendosi avere esclusivo riguardo alle conclusioni di cui alla consulenza;


Il decreto di omologa che se ne discosti risulta, pertanto, viziato da mero errore materiale, emendabile con la procedura di correzione.


(Cassazione, Sez. VI Civile, Ordinanza del 13/03/2017 n° 6415 - Massima non ufficiale)

Ringrazio il collega ed amico avv. Marco Aquilani per la preziosa segnalazione.

A seguire il provvedimento in .pdf liberamente consultabile e scaricabile.

Carmine Buonomo





martedì 21 marzo 2017

Il limite di reddito per l'erogazione delle prestazioni assistenziali, deve essere calcolato con riguardo alla base imponibile ai fini Irpef "al netto" degli oneri deducibili (Cassazione, Sentenza n° 5450/2017)


Facendo seguito ad un consolidatissimo orientamento giurisprudenziale, la Suprema Corte (Sentenza n° 5450/2017) conferma per l'ennesima volta che il reddito cui occorre fare riferimento per la pensione d' invalidità civile è quello "imponibile" e cioè - secondo la formulazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 3 (TUIR) - la base imponibile da assoggettare a tassazione ai fini Irpef, costituita dal reddito complessivo del contribuente al netto degli oneri deducibili indicati nell'art. 10 del TUIR (quali tra gli altri le spese mediche, gli assegni periodici corrisposti al coniuge legalmente separato, i contributi assistenziali e previdenziali).

A seguire il provvedimento in formato PDF, liberamente consultabile e scaricabile.

Carmine Buonomo

lunedì 20 marzo 2017

Per la Suprema Corte i compensi del giudizio in opposizione ad ATPO negativo vanno liquidati in complessivi € 4.198,50 oltre accessori (Cassazione, Ordinanza n° 6457/2017)



All'esito del giudizio di merito instaurato ex art. 445 bis comma 6 cpc, il valore della causa va individuato nello scaglione ricompreso tra euro 5.200 ed euro 26.000,00 (nel caso specifico, due annualità della prestazione dell'indennità di accompagnamento, ma lo stesso discorso può valere anche per l'assegno/pensione di invalidità civile) ed i parametri minimi stabiliti per tale scaglione - tenuto conto di tutte le fasi previste dal DM n. 55/2014, ovvero tre per il procedimento di istruzione preventiva e quattro per la causa di merito - sono, per il procedimento di istruzione preventiva, € 1.314,00 e per il giudizio di merito € 2.884,50 (trattandosi di causa inquadrabile nella tab. 4 - cause di previdenza). 

(Cassazione, Sez. VI Civile, Ordinanza del 13/03/2017 n° 6457 - Massima non ufficiale)

Ringrazio il collega ed amico avv. Marco Aquilani per la preziosa segnalazione.

A seguire il provvedimento in .pdf liberamente consultabile e scaricabile.


Carmine Buonomo

lunedì 6 marzo 2017

Facsimile dichiarazione di esenzione dalle spese di soccombenza rinvenibile sul portale istituzionale del Tribunale di Napoli Nord


Su gentile segnalazione dell'amico e collega avv. Salvatore Setola, Vi comunico che sul sito web del Tribunale di Napoli Nord è stato predisposto un modello da allegare al ricorso introduttivo del giudizio, qualora l'assistito si trovi nelle condizioni reddituali previste per l'esonero dalla condanna al pagamento delle spese di lite in caso di soccombenza.

Sembrerebbe che alcuni magistrati della Sezione ci abbiano invitato espressamente ad utilizzare questo modello per il futuro.



Il modello è scaricabile nella pagina Modulistica, sezione "Lavoro e Previdenza", al seguente LINK


Tuttavia, da un'attenta lettura dello stesso, ho notato che non risultano aggiornati nè l'importo complessivo per beneficiare dell'esonero (si legge € 19.447,68 anzichè € 23.056,82) nè la variazione in aumento (sempre x2) per ogni familiare convivente, come specificato anche dalla Cassazione, sez. VI civile, ordinanza n° 22345/2016 (si legge € 1.032,00 anzichè € 2.064,00).

Ho quindi provveduto a modificare il modello ufficiale, aggiornando sia gli importi presenti che aggiungendo ulteriori campi, qualora i componenti familiari siano più numerosi di quelli ipotizzati nel modello.

Il file lo troverete cliccando sul bottone a seguire.



Carmine Buonomo
  

sabato 4 marzo 2017

Il risarcimento delle lesioni personali è possibile anche quando le stesse non risultino accertate strumentalmente (Cassazione, Sentenza n° 18773/2016)


Sebbene l'argomento non riguardi esclusivamente la materia previdenziale, ho ritenuto utile segnalare questa importantissima decisione, per aver la Cassazione restituito alla medicina legale il ruolo di sua esclusiva competenza nell’accertamento delle lesioni che un legislatore superficiale (e spesso prono a interessi ultronei rispetto a quelli dei comuni cittadini) aveva inopinatamente sottratto agli esponenti della classe medica.

Con sentenza n. 18773 del 26/09/2016 la Suprema Corte è infatti intervenuta a gamba tesa (a tutela – Deo gratias – degli interessi dei danneggiati) nel dibattito concernente la interpretazione degli ormai celeberrimi commi 3 ter e 3 quater dell’art. 32 del decreto legge n. 1 del 2012 convertito in legge 27 del 2012.



Premettiamo subito – prevenendo le probabilissime eccezioni sollevabili dai sostenitori dello status quo – che il caso concreto di cui è giunta ad occuparsi la corte attiene alla sfera del danno biologico temporaneo.


Tuttavia, i principi enunciati in punto di diritto sono indubitabilmente riferiti anche alle menomazioni ascrivibili alla categoria del cosiddetto danno biologico micro-permanente.

Ebbene, nella fattispecie i giudici di primo e secondo grado avevano escluso il risarcimento delle lesioni personali sulla base dell’abusatissimo assunto secondo cui le stesse non risultavano accertate strumentalmente.

Gli Ermellini, per contro, capovolgendo la vigente linea ermeneutica – oramai divenuta senso comune tra gli operatori del settore – hanno riconosciuto dignità risarcitoria anche alle lesioni le quali siano accertate non strumentalmente, ma obbiettivamente da parte di un medico legale, in ossequio al convincimento cui il medesimo pervenga in scienza e coscienza e in applicazione delle leges artis .

Che la Corte abbia inteso fare riferimento anche alle menomazioni di carattere permanente è indubitabile laddove la pronuncia de quo esplicitamente richiama sia il comma 3 ter che il comma 3 quater affermando in maniera perentoria e inequivocabile che entrambe le norme esplicano (senza differenze sostanziali tra loro) i criteri scientifici di accertamento e valutazione del danno biologico tipici della medicina legale (ossia il visivo-clinico-strumentale, non gerarchicamente ordinati tra loro, né unitariamente intesi, ma da utilizzarsi secondo le leges artis) “siccome conducenti ad una ‘obiettività’ dell’accertamento stesso, che riguardi sia le lesioni, che i relativi postumi (se esistenti)”.

martedì 28 febbraio 2017

Reiezione liquidazione indennità di accompagnamento in presenza di decreto di omologa ex art. 445 bis cpc (FACSIMILE RICORSO)

In questi giorni l'INPS sta notificando decine e decine di comunicazioni di reiezione domanda di indennità di accompagnamento, nonostante il requisito sanitario sia stato ritualmente accertato e cristallizzato nel decreto di omologa ex art. 445 bis cpc.

La reiezione deriverebbe dalla mancata corrispondenza tra quanto chiesto in fase amministrativa e quanto, invece, omologato dal giudice nel provvedimento decisorio.

In pratica l'INPS cerca di far "rientrare dalla finestra" la questione della "X" sulle voci di non autonomia, regolarmente sollevata in giudizio ed ovviamente ritenuta irrilevante dai magistrati per i soggetti ultrasessantacinquenni. 

Il gravissimo comportamento dell'Istituto, a modesto avviso dello scrivente, integra in pieno il reato di cui all'art. 388 del codice penale ("Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice"), per i motivi che vi invito a leggere nel ricorso predisposto dal nostro studio.

Sull'argomento vi invito anche a consultare i numerosi post sull'annosa questione della "X" in rapporto alle voci di non autonomia.

Carmine Buonomo

venerdì 27 gennaio 2017

Indebito da trasformazione di pensione provvisoria in definitiva: la legittimità dell'azione di recupero va valutata caso per caso


Le sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti sono spesso chiamate a risolvere controversie aventi ad oggetto indebiti pensionistici. 

Le casistiche sono molteplici, ma la tipologia sicuramente più diffusa è quella relativa al conguaglio tra pensione provvisoria e pensione definitiva a carico dello Stato.

Il legislatore, al fine di salvaguardare la continuità tra lo stipendio percepito in servizio e il primo rateo pensionistico ha previsto, all’art. 162 del D.P.R. 1092/73, che il trattamento venga immediatamente liquidato in via provvisoria per poi procedere ai necessari aggiustamenti in sede di definitiva. 

Proprio nel caso di liquidazione definitiva di importo minore si verifica questa problematica di indebiti. 

La questione è particolarmente aggravata dal fatto che tra la liquidazione dei due trattamenti possono decorrere svariati anni.

L’Istituto previdenziale, doverosamente, richiede la restituzione di quanto effettivamente versato in più rispetto all’importo dovuto. 

I pensionati, spesso ignari delle modalità di calcolo della prestazione ricevuta, a loro volta cercano tutele giurisdizionali. 

Da un punto di vista normativo viene spesso evocato il principio contenuto nell’art. 206 del D.P.R. 1092/73, il quale dispone che nel caso di revoca o modifica del provvedimento (come testualmente recita il titolo IV del medesimo DPR) non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che la revoca o la modifica siano state disposte in seguito all’accertamento di fatto doloso dell’interessato. 

Il richiamo a tale disciplina però è errato e fuorviante, non potendo trovare applicazione all’ipotesi in argomento; più esattamente nella fattispecie non vi è alcuna norma che affronti la questione.

giovedì 26 gennaio 2017

Sanatoria indebiti ex art. 13 L. 412/1991: il requisito oggettivo e soggettivo previsti dal primo comma non devono necessariamente coesistere con quello cronologico indicato nel secondo comma


Per chiarire meglio il concetto del presente post bisogna necessariamente partire dall'esame delle due disposizioni cardine in tema di indebiti previdenziali ed assistenziali:

A) art. 52 (Prestazioni Indebite), LEGGE 9 marzo 1989, n. 88
1- Le pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, delle gestioni obbligatorie sostitutive o, comunque, integrative della medesima, della gestione speciale minatori, delle gestioni speciali per i commercianti, gli artigiani, i coltivatori diretti, mezzadri e coloni nonche' la pensione sociale (NDR OGGI ASSEGNO SOCIALE), di cui all'articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153 possono essere in ogni momento rettificate dagli enti o fondi erogatori, in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione, erogazione o riliquidazione della prestazione
2- Nel caso in cui, in conseguenza del provvedimento modificato, siano state riscosse rate di pensione risultanti non dovute, non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che l'indebita percezione sia dovuta a dolo dell'interessato

B) art. 13 (Norme di interpretazione autentica) LEGGE 30 dicembre 1991, n. 412
1- Le disposizioni di cui all'articolo 52, comma 2, della legge 9 marzo 1989, n. 88, si interpretano nel senso che la sanatoria ivi prevista opera in relazione alle somme corrisposte in base a formale, definitivo provvedimento del quale sia data espressa comunicazione all'interessato e che risulti viziato da errore di qualsiasi natura imputabile all'ente erogatore, salvo che l'indebita percezione sia dovuta a dolo dell'interessato. L'omessa od incompleta segnalazione da parte del pensionato di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione goduta, che non siano gia' conosciuti dall'ente competente, consente la ripetibilita' delle somme indebitamente percepite
2- L'INPS procede annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche e provvede, entro l'anno successivo, al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza.

Quindi, in sintesi, in base al combinato disposto delle suddette disposizioni, entrambe espressione di un principio generale di irripetibilità delle pensioni (si veda anche Cass. n° 328/2002) dal momento che la disciplina della sanatoria è globalmente sostitutiva di quella ordinaria di cui all'art. 2033 c.c, le pensioni corrisposte in base a formale, definitivo provvedimento del quale sia data espressa comunicazione all'interessato, possono in ogni momento essere rettificate dagli enti erogatori in caso di "errore di qualsiasi natura" commesso in sede di attribuzione o di erogazione, ma non si fa luogo al recupero delle somme corrisposte, salvo che l'indebita prestazione sia dovuta a dolo dell'interessato.


E' opportuno specificare che l'unica prestazione assistenziale prevista dalla suddetta normativa è l'assegno (già pensione) sociale; per tutte le altre, bisogna fare riferimento a quanto scrissi QUI.

Qualcuno, me compreso, si era posto il dubbio se, per invocare l'irripetibilità delle somme richieste dall'INPS, dovessero coesistere i requisiti richiesti dai commi 1 e 2 dell'art. 13 L. 412/1992; in pratica se, oltre all'elemento oggettivo e soggettivo, dovesse anche essere rispettato quello cronologico, ovvero il passaggio di più di un anno dalla comunicazione della situazione reddituale da parte del pensionato.

Anche sulla scorta di un consolidato indirizzo giurisprudenziale si è giunti alla conclusione che le ipotesi di cui al comma 1 dell'art. 13 L. 412/1991 non devono necessariamente coesistere con quella del comma 2 e che quest'ultima si applica solamente alle ipotesi di indebiti di tipo reddituale (misura o diritto della prestazione).

Ad ulteriore conferma di quanto sopra, segnalo la recentissima sentenza della Cassazione n° 482/2017 in cui, in estrema sintesi, i magistrati hanno dichiarato sic et simpliciter irripetibili alcune somme richieste dall'INPS.

Nel caso specifico in particolare, il supremo collegio ha ravvisato la sussistenza dei soli requisiti previsti dall'art. 52 L. 88/1989 (come interpretato dal comma 1 dell'art. 13 L. 412/1991), non facendo alcun riferimento al criterio temporale introdotto dal successivo comma 2.

A seguire il testo della Sentenza liberamente scaricabile in formato PDF.


Carmine Buonomo












venerdì 20 gennaio 2017

Facsimile richiesta corresponsione compensi di causa da inoltrare all'INPS

I colleghi funzionari INPS ci hanno chiesto la cortesia di volerci uniformare, per quanto è possibile, nella richiesta dei nostri onorari (da inoltrare a mezzo PEC o raccomandata A/R ai sensi della L. 111/2011).

In particolare hanno lamentato grosse difficoltà a liquidare i compensi nella misura esatta, in considerazione della persistente mancanza nelle comunicazioni che ricevono quotidianamente, del regime fiscale da applicare al singolo professionista.

Inoltre, anche se ovviamente non è obbligatorio, ci è stato chiesto anche di invitare i colleghi ad allegare un prospetto di fattura per agevolare il funzionario nel calcolare gli accessori del credito nella misura esatta.

A seguire, quindi, troverete il relativo facsimile predisposto dal nostro studio.

Carmine Buonomo 

mercoledì 18 gennaio 2017

Provvidenze economiche per invalidi civili, ciechi civili e sordi: importi e limiti reddituali per il 2017

Ogni anno vengono ridefiniti, collegandoli agli indicatori dell'inflazione e del costo della vita, gli importi delle pensioni, assegni e indennità che vengono erogati agli invalidi civili, ai ciechi civili e ai sordi e i relativi limiti reddituali previsti per alcune provvidenze economiche.


Per il 2017 importi delle provvidenze e limiti reddituali sono stati fissati dalla Direzione Centrale delle Prestazioni dell'INPS con Circolare 17 gennaio 2017, n. 8 (Allegato n. 3).

Come si potrà notare gli scostamenti sono nulli o minimi rispetto all'anno precedente.

Ciò perchè INPS si adegua alle indicazioni del decreto del 27 novembre 2016, emanato dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, che fissa nella misura dello 0,0 per cento l'aumento di perequazione automatica da attribuire alle pensioni, in via definitiva, per l'anno 2016, nella misura dello 0,0 per cento l'aumento di perequazione automatica da attribuire alle pensioni e ai limiti di reddito, in via previsionale, per l'anno 2017, mentre fissa all'1,37 l'aumento per le indennità.




mercoledì 4 gennaio 2017

Accoglimento parziale della domanda e soccombenza reciproca: cosa cambia ai fini del governo delle spese processuali? (Cassazione n° 6860/2015)



In questo interessantissimo precedente (Sentenza n° 6860/2015), gentilmente segnalatomi dall'amico e collega avv. Bruno Spagna Musso, la Cassazione fa chiarezza sulla differenza pratica che intercorre tra l'accoglimento parziale della domanda e la soccombenza reciproca. 

In particolare l'accoglimento parziale della domanda processuale si ha quando il convenuto si limita a difendersi dalla pretesa dell’attore perché la ritiene eccessiva o solo in parte fondata

In questo caso, se il giudice accoglie solo in parte la domanda dell’istante non ricorre una ipotesi di “soccombenza reciproca” che giustificherebbe la compensazione delle spese di lite ai sensi del novellato art. 92 cpc.

Si ha invece soccombenza reciproca in caso di pluralità di pretese contrapposte, presentate da entrambe le parti, l’una rivolta contro l’altra in modo reciproco. 

In pratica, ricorre tale ipotesi quando il giudice rigetta una parte delle domande di un soggetto e, contemporaneamente, anche una parte delle domande dell’altro soggetto.


Solo ed esclusivamente in quest'ultimo caso (oltre l'ipotesi di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti), il novellato art. 92 cpc prevede che il giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero.

Alla luce del suddetto chiarimento, è evidente che nei giudizi previdenziali ed assistenziali, lo spostamento della decorrenza operata dal CTU non integra l'ipotesi di soccombenza reciproca (che giustificherebbe la compensazione delle spese di lite) ma esclusivamente un accoglimento parziale della domanda processuale.

A ciò si aggiunga che per la fase di ATPO, ai sensi della dichiarazione di valore ex all'art. 152 disp. att. cpc, i compensi di causa, a mio modesto avviso, andrebbero di volta in volta quantificati come scrissi in questo mio ARTICOLO.

A seguire il testo integrale della Sentenza, liberamente scaricabile.

martedì 20 dicembre 2016

Nella fase di opposizione ad ATPO negativo è possibile il deposito dinuova certificazione sanitaria ex art. 149 disp.att.cpc (Tribunale Napoli Nord, Sentenza n° 1773/2016)


Nei giudizi di opposizione ad ATPO negativo ho da sempre sostenuto la pacifica applicabilità dell'art. 149 disp.att. cpc (aggravamento in corso di causa) e quindi la possibilità di depositare nuova documentazione sanitaria maturata successivamente al deposito della CTU contestata.

L' art. 149 disp.att. cpc infatti recita: "Nelle controversie in materia di invalidità pensionabile deve essere valutato dal giudice anche l'aggravamento della malattia, nonchè tutte le infermità comunque incidenti sul complesso invalidante che si siano verificate nel corso tanto del procedimento amministrativo che di quello giudiziario".

Del resto la L. 111/2011 (di conversione del D.L. 98/2011 introduttivo del procedimento ex art. 445 bis cpc) non ha nè abrogato la suddetta disposizione nè l'ha relegata ad una sola, eventuale, fase di giudizio. 

Tuttavia una corrente - fortunatamente minoritaria - della magistratura del lavoro, ritiene che nei giudizi di opposizione ad ATPO negativo non sarebbe possibile prendere in considerazione gli aggravamenti verificatisi in corso di causa, in quanto l'eventuale successiva CTU dovrebbe focalizzarsi esclusivamente sul complesso patologico cristallizzatosi nella prima fase di giudizio.

Sull'argomento, quindi, ho il piacere di postare un interessantissimo precedente (Sentenza n° 1773/2016) della Sezione Lavoro del Tribunale di Napoli Nord in Aversa  in cui, in un giudizio di opposizione ad ATPO negativo patrocinato dal nostro studio, la d.ssa Chiara Cucinella ha preso espressa posizione, motivando in maniera precisa e minuziosa la possibilità di depositare la nuova certificazione sanitaria maturata nel corso di giudizio.   


Carmine Buonomo









venerdì 16 dicembre 2016

E' consentito il ricorso giurisdizionale avverso il verbale di invalidità negativo, anche se nel frattempo sia stata proposta nuova domanda amministrativa.


Tra le righe della sentenza della Sezione Lavoro della Cassazione n. 24974 del 6 dicembre 2016, è possibile intravedere l'ammissibilità dell'impugnazione in sede giurisdizionale di un verbale di invalidità, cui nel frattempo abbia fatto seguito una nuova domanda amministrativa.
E' noto che, una volta ricevuta la comunicazione di esito negativo del procedimento amministrativo per l'accertamento dell'invalidità civile o dell'handicap, il cittadino abbia dinanzi a sè due possibili strade:
  • presentare nuova domanda amministrativa (o c.d. di "aggravamento" qualora si parta da un riconoscimento di almeno 33% di invalidità civile o un riconoscimento dell'handicap semplice e si punti al riconoscimento di una percentuale maggiore o dell'handicap grave);
  • presentare ricorso giurisdizionale entro i sei mesi dal ricevimento del verbale negativo.
E' possibile avviare contemporaneamente entrambe le procedure (ricorso giurisdizionale e domanda amministrativa di aggravamento)?
Ipotesi 1
se è stato presentato ricorso giurisdizionale 
può proporsi nuova domanda amministrativa?
In questo caso, l'avvio del procedimento giurisdizionale non consente di proporre nuova domanda amministrativa.
Infatti, a decorrere dal 4 luglio 2009 - data di entrata in vigore dell'art.56, c. 2, della L. 69/2009 (che ha esteso alla materia dell'invalidità civile la limitazione di cui all'art. 11 L. 222/1984 per le prestazioni di invalidità in favore degli assicurati Inps) - i soggetti che intendano ottenere i benefici previsti dalle leggi in materia di invalidità civile, cecità civile e sordomutismo, non possono presentare ulteriore domanda per la stessa prestazione fino a quando non sia esaurito l'iter di quella in corso in sede amministrativa o, nel caso di ricorso in sede giudiziaria, fino a quando non sia intervenuta sentenza passata in giudicato.
Alla documentazione da allegare alle istanze di invalidità civile va aggiunta quindi una autodichiarazione nella quale il richiedente attesta di non aver già presentato analoga domanda ancora in corso di esame in sede amministrativa ovvero giudiziaria (Circolare Inps n.97 del 6.8.2009).

martedì 13 dicembre 2016

Servizio Le Iene "Difendersi da chi ti deve difendere"


In riferimento al servizio "Difendersi da chi ti deve difendere" mandato in onda dalla trasmissione "Le iene" nella puntata dell’11/12/2016 (LINK), ritengo opportuno evidenziare quanto segue.

Il conduttore ed i soggetti intervistati confondono, sicuramente in buona fede, il "gratuito patrocinio" (o patrocinio a spese dello Stato:  L. n. 134/2001; D.P.R. n. 115/2002, artt. dal 74 al 141) con la gratuità dell'attività di consulenza offerta dagli enti di patronato.

I patronati, per legge, devono fornire assistenza gratuita ai cittadini per 92 famiglie di servizi, TRA CUI - SALVO ECCEZIONI - NON E' ASSOLUTAMENTE INCLUSA L'ASSISTENZA GIUDIZIARIA (D.M. 193/2008 E L. 152/2001).

E’ pacifico e quindi fuori discussione che, in regime di gratuito patrocinio, l’avvocato non possa chiedere all'assistito ulteriori somme rispetto a quelle liquidategli dal Giudice.

Tuttavia nel servizio in oggetto, l’ammissione al gratuito patrocinio non solo è dubbia ma non viene nemmeno provata con l'esibizione della relativa delibera!!!

I protagonisti del servizio, infatti, iniziano parlando di gratuito patrocinio, poi cambiano dicendo che "..l’avvocato del patronato è gratis" ed infine si spingono addirittura ad affermare con lucida veemenza (lo dice persino l’avv. Arnone nell’intervista) che "…l’avvocato lo paga il patronato!!!" (con quali fondi, peró, non lo dice).

Il legale del patronato, ferma la gratuità della consulenza prevista per legge, in alcuni casi può concordare a priori con l’assistito che quest'ultimo non versi alcuna spesa legale in caso di esito negativo della controversia: ciò è possibile in quanto i giudizi di previdenza ed assistenza sono esenti per alcune attività (es. costi notifiche e registrazione); inoltre i nuclei familiari con redditi inferiori a precisi limiti di legge possono godere dall’esonero del pagamento del contributo unificato e dalla condanna alle spese di lite in caso di soccombenza.

In questo ultimo caso, l’avvocato di patronato può quindi decidere di "investire" il suo tempo e denaro sul buon esito della controversia e quindi, in caso di sconfitta, accollarsi totalmente le spese vive anticipate per la causa.  

Nei frequentissimi casi, invece, di compensazione integrale o parziale delle spese di lite da parte del giudice, non esiste alcuna convenzione legale con i patronati che possa imporre all’avvocato di non chiedere al cliente le spese di giudizio sulla base di un accordo (c.d. preventivo) preventivamente sottoscritto tra le parti o, in alternativa, sulla base di formale nota spese redatta ai sensi del D.M. n° 55/2014.

La cosa che mi ha lasciato interdetto è la circostanza che la protagonista del servizio dichiara che l’avvocato del patronato le avrebbe "estorto" il 50% degli arretrati; successivamente, e non ne capisco il motivo, per la gestione della pratica del secondo figlio la stessa si è rivolta senza pensarci due volte allo stesso ufficio (???). 

Successivamente, nel corso dell’intervista, si materializza un non meglio specificato contratto con l'avvocato.

Alla domanda dell’intervistatore se la signora avesse mai sottoscritto alcun mandato (non si capisce  cosa c’entri il mandato col contratto/preventivo esibito), questa prima dice di non aver mai firmato alcunché (ed allora non si spiega nemmeno a che titolo abbia poi incassato i soldi della causa), poi dice "penso di no", poi ancora di non ricordare ed infine che la firma non le sembra la sua... però sull'argomento la Iena soprassiede!!!

Se la firma veramente non fosse stata la sua, per amore di giustizia, l’intervistatore avrebbe dovuto interessare quanto meno un grafologo per fare chiarezza sulla realtà dei fatti.

Per quanto invece riguarda i componenti della seconda famiglia intervistata, questi affermano di non aver corrisposto nulla all'avvocato perché non si sarebbe presentato all’appuntamento trappola (concordato con i carabinieri) per versargli il pagamento in "nero".

A questo punto, però, la famiglia, senza entrare troppo nei dettagli, dice di aver subito e subire ancora le conseguenze una disastrosa procedura di pignoramento intentata dall’avvocato.

E’ evidente che il giudice dell’esecuzione ha potuto disporre l'assegnazione delle somme in favore dell'avvocato solo sulla base di un'approfondita istruttoria che, presumo, avrà portato alla luce le inadempienze (taciute nella trasmissione) di parte debitrice.

Nel servizio, quindi, come purtroppo è usanza di parte del giornalismo, si è partiti da una notizia di cronaca presumibilmente vera, distorcendone ed amplificandone al massimo solo gli aspetti negativi, e costruendo in tal modo un servizio-scandalo facendo leva sulla sempre più martoriata figura degli avvocati.

Quindi, nella viva speranza che la Giustizia possa far luce sulle effettive responsabilità di quanto denunciato, anche al fine di evitare il nascere di una ingiustificata "caccia alla strega", si invitano i lettori e agli utenti dei Patronati/CAF a documentarsi prima su quanto accaduto e, solo successivamente, a trarne le dovute conclusioni.

Non dimentichiamo, infatti, la c.d. “presunzione di innocenza” ovvero il sacrosanto principio del diritto penale secondo il quale un imputato è considerato non colpevole sino a condanna definitiva.

Carmine Buonomo

venerdì 2 dicembre 2016

L'Anticipo PEnsionistico (APE) Volontario e Agevolato (o Social)




L'APE Volontario

L'APE, acronimo che sta per Anticipo PEnsionistico, è il progetto sperimentale che consentirà dal 2017, a chi ha raggiunto almeno i 63 anni di età di andare in anticipo in pensione. 

L'operazione coinvolgerà i lavoratori dipendenti (anche del pubblico impiego), autonomi e parasubordinati in possesso di 63 anni di età a partire dal 1° maggio 2017 a non più di tre anni e 7 mesi al perfezionamento della pensione di vecchiaia a condizione di avere almeno 20 anni di contributi e una pensione non inferiore a circa 700 euro al mese (1,4 volte il trattamento minimo inps). 

L'operazione sarà attuata con prestiti da parte di banche e assicurazioni erogati però attraverso l'Inps, che dovranno poi essere restituiti con rate di ammortamento costanti dagli interessati, una volta conseguita la pensione, per i successivi venti anni, con i relativi interessi. 

In sostanza il lavoratore potrà farsi anticipare dal settore bancario una quota dell'assegno pensionistico maturato al momento dell'accesso alla prestazione sino al raggiungimento dell'età di vecchiaia. 

La parte dell'assegno che potrà essere riscossa dal lavoratore sarà libera ma ci saranno dei tetti massimi commisurati all'entità dell'anticipo richiesto che saranno stabiliti da un Decreto della Presidenza del Consiglio (es. se si chiede un anticipo di un anno si potrà riscuotere il 95% dell'assegno, se si chiedono 3 anni la percentuale massima scende all'85%). 

Il prestito sarà erogato per 12 mesi l'anno sarà esente dal prelievo fiscale e potrà avere una durata minima di sei mesi ed una durata massima di 3 anni e 7 mesi. 

Contestualmente al prestito, il richiedente dovrà inoltre attivare un’assicurazione contro il rischio di premorienza con una compagnia assicuratrice. 
In caso di decesso del richiedente, il capitale residuo sarà rimborsato dall’assicurazione con la quale è stata stipulata la polizza contro il rischio premorienza , e quindi non si rifletterà sulla eventuale pensione di reversibilità o sugli eredi. 

Il lavoratore o la lavoratrice potranno scegliere l’istituto di credito e la società assicuratrice fra quelli aderenti a un’apposita convenzione stipulata con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, nella quale saranno definite le condizioni standard di miglior favore. 

Il progetto sarà in forma sperimentale, durerà due anni, sino al 2018, e poi potrà essere prorogato sulla base dei risultati della sperimentazione. 


L'APE Agevolato o Social 

Accanto all'APE Volontario verrà introdotto l'Ape Agevolato, un trattamento assistenziale il cui valore sarà anch'esso rapportato alla pensione maturata dal lavoratore al momento della richiesta ma entro un ammontare non superiore a 1.500 euro lordi mensili. 

A differenza dell'APE volontario quello sociale sarà un sussidio di accompagnamento alla pensione pagato interamente dallo stato e non dalle banche: pertanto sarà esclusa qualsiasi decurtazione sulla pensione finale. 

Resta comunque ferma la facoltà dell’individuo di richiedere una cifra maggiore, ad esempio l'eccedenza tra la somma del trattamento assistenziale ed il valore finale della pensione se superiore a 1.500 euro, attraverso il normale meccanismo dell'APE volontario.

Le categorie di lavoratori che beneficeranno dell'APE Agevolato sono quattro: 
1) soggetti in stato di disoccupazione, 
2) soggetti impiegati in attività difficoltose o rischiose per la quale la permanenza al lavoro in età più elevata aumenta il rischio di infortunio o di malattia professionale, 
3) soggetti con una invalidità superiore al 74%, 
4) soggetti con carichi di lavoro di cura legato alla presenza di parenti di primo grado conviventi con disabilità grave. 

Per l'accesso all'APE Agevolato sarà contestualmente necessario avere almeno 30 anni di contributi che diventano 36 anni per le categorie di cui al punto 2. Anche l'APE agevolato sarà disponibile dal 1° maggio 2017 per coloro che hanno raggiunto almeno i 63° anni di età e durerà in forma sperimentale sino al 31 dicembre 2018. Qui sono disponibili ulteriori dettagli sull'APE Agevolato.

APE ed Imprese 

E' prevista anche la possibilità per il datore di lavoro, in caso di accordo tra le parti, al fine di agevolare la scelta del lavoratore, di sostenere i costi dell’APE volontario attraverso un versamento all’INPS di una contribuzione correlata alla retribuzione percepita prima della cessazione del rapporto di lavoro, in presenza di accordi collettivi anche attraverso appositi fondi bilaterali in essere o appositamente creati, in modo da produrre un aumento della pensione tale da compensare gli oneri relativi alla concessione dell’APE. 


La tavola ad inizio post riepiloga i dettagli dell'articolazione dell'APE secondo quanto previsto dalla legge di bilancio per il 2017.




martedì 29 novembre 2016

In tema di esonero dalle spese di lite nei giudizi previdenziali ed assistenziali si applica la maggiorazione pari ad € 2.064,00 (€ 1.032,00 x 2) per ogni familiare convivente


Per l’applicazione corretta dell’art. 152 disp. att. c.p.c. in tema di esonero dalle spese di lite per l’ipotesi di decisione negativa, si applica la maggiorazione pari ad € 2.064,00 (€ 1.032,00 x 2) per ogni familiare convivente con chi proponga giudizio per il riconoscimento dei benefici previdenziali e/o assistenziali

E’ la conclusione cui è giunta la Sezione VI civile della Corte di Cassazione con Ordinanza n° 22345 del 03/11/2016.

In ogni caso il medesimo orientamento giurisprudenziale era stato già condiviso dalla Corte di Appello di Roma (Sentenza n° 4012 del 21/07/2016), che ha riformato - sullo specifico punto delle spese di lite e di CTU - la pronuncia del Tribunale che aveva ritenuto l’elevazione applicabile ai soli giudizi penali. 

Per giungere a siffatta conclusione il Collegio ha verificato il portato letterale della norma di cui si discute, articoli 76, commi da 1 a 3, e 77 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 che fanno specifico e diretto riferimento ai limiti di reddito stabiliti per l’accesso al patrocinio a spese dello Stato, come tale applicabile anche ai procedimenti civili. 

Ne consegue, nel ragionamento della Corte, che la stessa norma dovrà trovare applicazione necessariamente anche alle modalità di calcolo del reddito rilevante dalla stessa stabilite, inclusa la considerazione del reddito dei familiari conviventi. 

Certamente si tratta di affermazione importante e di un passo avanti per la miglior tutela di invalidi e disabili, non abbienti, anche se la sentenza in concreto non arriva a determinare le effettive modalità di calcolo della soglia reddituale rilevante.

Ringrazio i colleghi dello Studio Legale Assennato e Associati di Roma per la battaglia vinta e per la diffusione dell'importantissima notizia.

A seguire i provvedimenti liberamente scaricabili in PDF

martedì 22 novembre 2016

Invalidita', visite di revisione e semplificazioni per i neomaggiorenni: la Circolare INPS


Con la Circolare numero 10 del 23 gennaio 2015, l'Inps chiarisce alcuni punti relativi alle novità in merito all'accertamento sanitario di revisione introdotte dall'art. 25, comma 6 bis, Legge n. 114/2014, già D.L. 90/2014.


La novità consiste nel fatto che, nel caso in cui la persona fosse in attesa di effettuare la visita di revisione per la verifica della permanenza dei requisiti sanitari, si conservano i diritti acquisiti (provvidenze economiche, prestazioni e agevolazioni lavorative), anche all'indomani della scadenza del verbale. In sostanza, in caso di ritardo, nel periodo "cuscinetto" non si perdono più i benefici acquisiti, in attesa di nuova visita.

COSA CAMBIA PER IL CITTADINO? 


Due sono quindi le novità per il cittadino in possesso di verbali in cui sia prevista rivedibilità: la prima riguarda la permanenza dei benefici, che non vanno a decadere alla data della scadenza del verbale. La seconda riguarda la visita stessa, che diventa ora di competenza dell'INPS. Significa che sarà l'INPS a convocare il cittadino a nuova visita, e che sarà la stessa INPS a effettuare la visita, le cui commissioni saranno chiamate ad esprimersi non soltanto sulla permanenza o meno del grado d'invalidità precedentemente accertato, ma anche sul suo eventuale sopravvenuto aggravamento. 

Così si legge nella Circolare: La novella legislativa, infatti, rende finalmente possibile una gestione unitaria delle visite di revisione e del relativo iter di verifica, permettendo all'Istituto, già preposto all'accertamento definitivo della sussistenza dei requisiti sanitari per il diritto ai benefici a titolo di invalidità civile, cecità civile, sordità, handicap e disabilità (art. 20, comma 1, legge 3 agosto 2009, n. 102), di effettuare anche l'accertamento sanitario per le eventuali visite di revisione previste all'atto del giudizio sanitario definitivo emesso dall'Istituto stesso.

Il vantaggio, secondo INPS, è in uno snellimento delle pratiche e dei tempi, con una semplificazione dell'iter sanitario-amministrativo, con una gestione unitaria che dovrebbe consentire sinergie e controlli più rapidi ed efficienti, in grado di rendere tempestivamente disponibili i dati e le informazioni necessarie alle funzioni amministrative, sanitarie e legali dell'Istituto, garantendo altresì una maggiore omogeneità del giudizio medico legale su tutto il territorio nazionale e la tracciabilità del complessivo processo sanitario-amministrativo, in linea con le esigenze di modernizzazione telematica e di semplificazione nell'erogazione del servizio da sempre perseguite dall'Istituto. Su questo è interessante il commento del sito specializzato Handylex, che in una analisi della Circolare fa notare anche come "estromettendo" totalmente le ASL dalle visite di revisione che finora erano loro affidate (…), il cittadino non ha più come referente la propria ASL e la sua sede fisica. Potrebbe, quindi, accadere che recarsi a visita comporti maggiori distanze e maggiori disagi. Continua Handylex:Di certo tale soluzione incontrerà il favore di molte Regioni che vedranno abbattersi i costi di accertamento presso le proprie ASL, ma al contempo ciò rappresenta un ulteriore passo verso la delega totale della valutazione della disabilità dal Sistema sanitario e sociosantario nazionale all'INPS.

giovedì 17 novembre 2016

Anche in caso di cartella esattoriale non opposta, il termine di prescrizione è sempre quinquennale (SS.UU. Cassazione, Sentenza n° 23397/2016)


Le Sezioni Unite della Cassazione, dopo anni di orientamenti giurisprudenziali totalmente altalenanti, hanno finalmente preso una posizione ferma ed irremovibile sul termine prescrizionale da applicare in caso di esecuzione fondata su cartella esattoriale per crediti contributivi INPS non opposta.

Nel provvedimento si legge, in estrema sintesi, che la prescrizione è sempre quinquennale, dal momento che la cartella non opposta non può essere giuridicamente equiparata ad una sentenza passata in giudicato.

Ringrazio la collega avv. Eleonora Campione per la preziosissima segnalazione. 

A seguire il provvedimento in formato PDF liberamente scaricabile.

Carmine Buonomo


mercoledì 16 novembre 2016

E' irrilevante, al cospetto delle norme di legge, il contenuto dei Messaggi INPS (Cassazione, ordinanza n° 3517/2014)


Sebbene questo precedente risalga ad un paio di anni fa, è sempre bene tenerlo in considerazione, soprattutto quando l'INPS - con i propri messaggi  - stravolge la legge e statuisce in totale difformità.

Ringrazio l'amico e collega avv. Domenico Raffaele Addamo per la preziosa segnalazione.

Carmine Buonomo