Due modi alternativi per rimettere assieme tutti i contributi versati nel corso della carriera, in diversi enti o fondi previdenziali.
Una breve carriera da precario e poi l’assunzione come impiegato pubblico, dopo aver vinto un concorso.
Oppure dieci anni di duro lavoro da dipendente e poi, finalmente, la decisione di mettersi in proprio e diventare imprenditore o libero professionista con la partita Iva.
Sono situazioni che capitano a parecchi lavoratori italiani, almeno a quelli che sono abituati a cambiare spesso mestiere.
Di conseguenza, per molti, il calcolo della pensione rischia di diventare una specie di “rebus” visto che in Italia esistono decine di enti e di fondi previdenziali diversi, destinati a particolari categorie professionali.
Ci sono per esempio le casse private dei liberi professionisti (come gli avvocati, i commercialisti o gli architetti) e, fino al 2012, esisteva anche un ente pensionistico creato apposta per gli impiegati pubblici: l’Inpdap, che ora è stato accorpato dall’Inps.
Ogni istituto segue delle regole diverse per il calcolo degli assegni da liquidare ai futuri pensionati.
E così, quando decidono di mettersi a riposo, molte persone che hanno alle spalle diverse esperienze di lavoro sono costrette, a fatica, a rimettere assieme tutti i contributi versati in differenti fondi previdenziali. Per riuscirci, ci sono sostanzialmente due modi diversi: la ricongiunzione o, in alternativa, la totalizzazione dei contributi.
Ecco come funzionano e a chi convengono.