Infatti, fino a poco tempo fa, era dovuto in Cassazione il contributo unificato per tali materie, non valendo l'esenzione in base al reddito prevista, invece, per il primo grado.
La disciplina ha subito un drastico cambiamento a seguito della decisione del Consiglio di Stato con sentenza n. 3298 del 22 maggio 2019 che, accogliendo l’appello proposto dalle associazioni sindacali ha affermato il principio in base al quale «nei processi per controversie di previdenza ed assistenza obbligatorie, nonché per quelle individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego, l’esenzione disposta a favore della parte che sia titolare di un reddito inferiore a tre volte l’importo previsto dall’art. 76 debba restare ferma, anche per i giudizi in Cassazione, mentre il richiamo all’art. 13 comma 1 vale solo ad indicare l’ammontare della prestazione dovuta dalle parti che siano titolari di un reddito eccedente tale soglia».
Quindi il ricorrente in Cassazione, se in possesso di un reddito familiare inferiore alla soglia prevista dalla legge, non sarà più tenuto a versare il contributo unificato per le cause proposte dinanzi alla S.C. che, fino a quel momento, era quantificato nella misura di euro 1.036,00 per le cause di valore indeterminabile.
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