Ringrazio lo "Studio Legale Irollo" ed in particolare gli amici avv.ti Gaetano Irollo e Vincenzo Boccarusso per il prezioso materiale fornitomi.
Commento dell'avv. Gaetano Irollo
Con il provvedimento in esame, la Corte
di Cassazione ha ritenuto manifestamente fondato il ricorso proposto da una
soggetto affetto da "psicosi cronica affettiva con manifestazioni
allucinatorie e sindrome delirante cronica" cui era stato negato
l’indennità di accompagnamento.
Difatti,
sebbene nell’ambito delle mura era in grado di compiere autonomamente
agli atti quotidiani della vita, il ricorrente si rifiutava di uscire di casa tanto che, come riconosciuto da attestazioni provenienti da
struttura pubblica, per la sua patologia, i sanitari dell’ASL ritenevano
"inattuabile e pericoloso ogni spostamento fuori dalle mura domestiche,
possibile solo con l’uso della forza".
La Suprema Corte, invece, ha confermato che, in ordine alla incapacità
materiali, la nozione di incapacità di compiere autonomamente le comuni
attività del vivere quotidiano con carattere continuo "comprende anche
le ipotesi in cui la necessità di far ricorso all’aiuto di terzi si manifesta
nel corso della giornata ogni volta che il soggetto debba compiere una
determinata attività della vita quotidiana per la quale non può fare a meno
dell’aiuto di terzi, per cui si qualificano momenti di attesa, qualificabili
come di assistenza passiva, a momenti di assistenza attiva".
Ricordiamo che in precedenza, nel
2010, il governo in una manovra correttiva tentò di modificare il concetto di
indennità di accompagnamento come previsto dall’attuale normativa, inserendo il
requisito della permanenza (nell’ambito della deambulazione) e di complesso
degli atti elementari della vita (nell’ambito dell’assistenza continua); anche
se il provvedimento non è stato
approvato, le circolari interne
dell’INPS (cui molto spesso si attengono anche i CTU nella valutazione in sede
giudiziaria) ritengono ancora oggi di escludere l’erogazione dell’indennità in
parola ad esempio a chi utilizza tutori per la deambulazione o addirittura,
possa spostarsi su una sedia a rotelle senza l’aiuto di terzi.
Nell’ambito, poi, dell’assistenza
continua, ancora oggi si leggono pareri medico legali che, in accordo con le
linee guida dell’Istituto, ritengono
che l’indennità va esclusa nei casi in
cui esista un minimo di attività all’interno della mura domestiche in quanto
l’attività extradomiciliari, soprattutto per chi vive in moderne metropoli, non
sono rilevanti ai fini valutativi; oppure che la dizione “continua” rimanda ad
un concetto di assistenza che deve
esplicarsi nell’arco dell’intera giornata e non solo in saltuari momenti.
In conclusione, ancora oggi la
Suprema Corte ritiene valido l’impianto originario della L. 18/80 intesa a
sostenere il nucleo familiare onde incoraggiar a farsi carico dei soggetti,
evitando così il ricovero in istituti di cura ed assistenza, con conseguente
diminuzione della spesa sociale, per cui vanno sicuramente respinte tutte
quelle logiche che, viceversa, intendono negare
le prestazioni solo per tutelare il risparmio pubblico dell’INPS (che
ben può attuarsi secondo altre forme).
A seguire il provvedimento liberamente scaricabile
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